Una "azione importante, ma mancano gli investimenti". Così l'Arcigay interviene in merito al primo Piano Nazionale di Interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS), messo a punto dal ministero della Salute e trasmesso, per l'approvazione, alla Conferenza Stato-Regioni. E' un documento, sottolinea l'associazione, "a suo modo storico, perché definisce in modo dettagliato obiettivi ad ampio raggio da sempre ignorati nel nostro Paese, tra cui ad esempio l'attenzione speciale alle cosiddette popolazioni chiave (tra cui uomini che fanno sesso con uomini, lavoratori del sesso e persone trans) e strategie diversificate di offerta del test HIV, incluso il test offerto direttamente dalle associazioni". Il PNAIDS ha già avuto il parere del Consiglio Superiore di Sanità e deve ora passare al vaglio della conferenza Stato-Regioni: "Se realizzato in tutte le sue dimensioni – afferma l'Arcigay – potrebbe stroncare l'epidemia in Italia in pochi anni. E' però una novità con luci ed ombre". Infatti, dal punto di vista dell'investimento di risorse, "non c'è al momento alcun investimento di spesa commisurato all'ambizione degli obiettivi, e il piano rischia di rimanere un bel libro dei sogni". "Chiediamo con forza – spiega Michele Breveglieri, responsabile salute e lotta all'HIV di Arcigay – che Governo e Regioni procedano spediti a ridefinire l'intero quadro programmatico delle risorse, dedicando agli obiettivi del PNAIDS revisioni adeguate dei Livelli essenziali di assistenza, del Piano Nazionale di Prevenzione e della stessa legge 135 sull'Hiv con nuove risorse". Il Piano, come già illustrato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, mira a ridurre il numero delle nuove infezioni da Hiv, facilitare l'accesso al test e l'emersione del sommerso, garantire a tutti l'accesso alle cure, coordinare i piani di intervento sul territorio, tutelare i diritti sociali e lavorativi, promuovere la lotta allo stigma e realizzare interventi di prevenzione e formazione sui giovani, con particolare riferimento alla popolazione scolastica.
Il Piano prevede di incentivare l'informazione e l'accesso ai test. Ma uno degli obiettivi è pure la continuità delle cura, dal momento che il documento stima che il 15% dei 120 mila affetti dal virus non sia stato inserito o mantenuto in terapia. Per questo, il Piano nazionale prevede delle strategie rivolte alle popolazioni 'chiave': uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, persone che utilizzano sostanze, detenuti, lavoratori e lavoratrici del sesso (sex workers), persone transgender. Nel documento è anche presente un riferimento alla necessità di mantenere il diritto all'esenzione per tali pazienti: Il mantenimento del "diritto all'esenzione – per tutte le comorbosità/complicanze e la loro prevenzione, nonché per la pianificazione della gravidanza e la maternità responsabile – appare indispensabile per mantenere elevata la salute delle persone con HIV, la qualità di gestione clinica e migliorare i dati di morbilità e mortalità". Fondamentale, si legge, anche il "mantenimento dell'attuale quadro legislativo sull'assistenza a domicilio delle persone con HIV, pur con gli adeguamenti delle prestazioni da erogare resi necessari dall'evoluzione dello scenario clinico e assistenziale della malattia". Tra gli interventi, "proporre alle valutazioni della Commissione nazionale per l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale: l'inserimento nei Lea degli interventi proposti dal presente piano, al fine di consentirne l'attuazione mediante i fondi di dotazione previsti per gli stessi, e il monitoraggio dell'esenzione totale dal pagamento del ticket per le prestazioni legate all'infezione".







