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"Nonostante sia passato quasi un anno dalle mie dimissioni, dopo 27 anni di servizio come terapista dell'AIAS, continuo a sentire il peso di una situazione che è andata sempre peggiorando, tanto da portare tanti altri colleghi a dimettersi, altri alla malattia, altri ancora allo sciopero della fame. Eppure nulla cambia, tutto resta immutato per le risposte, ma peggiora nella sostanza. 
 
Se andiamo a leggere i vecchi comunicati di Regione, AIAS, politica, ASL le affermazioni sono sempre le stesse, a volte cambiano i soggetti che vengono indicati come responsabili, ma c'è sempre da valutare, controllare, fare incontri, aspettare. E di fronte a tutto questo molti si arrendono. Quando ti rendi conto che le cose sono palesi ma nessuno le vede allora ti mancano le forze. 
 
Un tempo ho creduto che la conservazione del posto di lavoro, in una Regione in crisi come la nostra, dovesse comunque prevalere su tutto. Ho creduto che senza prospettive non avesse senso tagliare il ramo sul quale eravamo seduti. Oggi non ci credo più. Avremmo potuto essere un centro di eccellenza, abbiamo continuato a studiare, ad aggiornarci, a nostre spese e senza permessi, ad acquistare il materiale; abbiamo cercato sempre di dare il massimo ma tutto questo non ha avuto importanza. 
 
Tanti anni fa probabilmente non c'erano valide alternative, l'AIAS aveva coperto un grande vuoto in tutta la Sardegna per quanto riguarda l'assistenza, sostituendosi alla Regione. Oggi scuse non ce ne sono più. C'è stato tutto il tempo per trovare altre soluzioni, non ultimo l'accreditamento diretto, almeno per quanto concerne la fisioterapia. Ma nessuno ha mai mosso un dito. Perché? Se l'intento è quello di lasciare tutto al privato, allora questo deve essere controllato e rispettare le direttive, altrimenti la responsabilità è da attribuirsi anche all'ente erogatore. Non si può giocare sulla pelle delle persone. Conosco bene il clima che si respira e a volte la sensazione di inutilità di qualsiasi forma di ribellione, dopo anni di frustrazioni. Anche per questo sono solidale con i miei (ex) colleghi rimasti a combattere".
 
Francesca Mu