Un paio di giorni fa, mentre ascoltavo il notiziario radio della Sardegna, una notizia ha attirato la mia attenzione di automobilista assorto da mille pensieri: alla triennale di Milano la Regione Autonoma di Sardegna ha organizzato una mostra sull’Artigianato Artistico intitolata in lingua inglese “Past Future”.
Tralasciando l’ossessione di anglicizzare tutto, anche ciò che con la cultura anglosassone non c’entra nulla come l’Artigianato Artistico sardo, ho pensato che dopotutto aveva i crismi per diventare una buona notizia. Dopo anni di nullismo e di enormi sprechi in merito alla politica sul comparto, dopo aver smembrato l’ente regionale ISOLA facendolo rimanere un costoso spor sulle maglie del Cagliari Calcio e aver chiuso i padiglioni dell’artigianato e tutte le nove botteghe dell’ente, dopo aver distribuito a pioggia i finanziamenti per l’artigianato a fiction, società sportive, una scalata sull’Everest e perfino una visita al Pontefice, dopo l’apertura e la chiusura per fallimento dei cosiddetti “Sardinia Store” e, dulcis in fundo, aver sbattuto gli artigiani su Amazon con modalità tipiche del “sant’arrangiati” facendo perdere tempo e risorse agli artigiani stessi, almeno ora viene organizzato un evento tangibile di promozione. Ma diciamo che non nutro molta fiducia nella classe politica italianista e allora alzo il telefono e chiamo un paio di amici che lavorano nel settore e vengo a scoprire la triste verità che sta dietro il paravento della notizia.
In mostra non vanno gli Artigiani come si vuol far credere, bensì vecchie collezioni raccattate dai magazzini ISOLA e riesumate per l'occasione e alcuni oggetti presenti nel catalogo “Domo” scelti dalle curatrici non si capisce bene con quale criterio. Di fatti i pochi artigiani ancora operativi non sono neppure stati informati di questo "evento" e non sono presenti, a parte forse qualche "eletto" che gravita nell'area degli addetti ai lavori. Dopo l’esperienza della biennale dell’artigianato, della “Bit” sempre a Milano, dell’incredibile buco nero di “Sardegna Promozione” e del buco nell’acqua dell’artigianato su Amazon, sarebbe interessante capire quanto è costato questo nuovo specchietto per le allodole con cui la Giunta Pigliaru può continuare a propagandare se stessa come “amica dell’artigianato sardo e degli artigiani” per dare un po’ di lustro alla propria magra condotta politica. Ancora una volta risulta assente ogni politica di promozione e commercializzazione reale in quanto non esiste alcuna campionatura dei prodotti, né un luogo dove un ipotetico acquirente possa vederli e acquistarli, né un duraturo e stabile organismo che selezioni e dia corpo ai validi prodotti dei tanti maestri artigiani sardi.
Qualche artigiano con l’amaro in bocca ha commentato sui social: «così è come pubblicizzare una azienda che non esiste». Come dargli torto? Del resto ciò è perfettamente in linea con l’epoca della Sardegna italiana: una autonomia che si risolve nel suo contrario, una immagine da cartolina turistica avvelenata da torio e benzene, una Giunta Regionale di sinistra e sovranista che attua politiche ultraliberiste e subalterne allo stato centrale, una politica sull’artigianato artistico che si basa sull’umiliazione sistematica del settore. C’è bisogno di continuare?







