Un anno e mezzo per una mammografia all'ospedale Businco di Cagliari, un anno per una colonscopia al SS. Trinità, quasi nove mesi per una visita cardiologica al Sirai di Carbonia e per una ginecologica a Olbia, otto per un consulto oculistico a Bono.
Sono i casi più eclatanti estratti dalle liste d'attesa delle Asl sarde e denunciati dai Riformatori. "In Sardegna i tempi per una visita specialistica sono di circa 4 mesi contro i 30 giorni indicati dal Piano nazionale sanità", sottolinea il coordinatore regionale del partito, Pietrino Fois. E non viene rispettato, aggiunge il presidente del partito, Roberto Frongia, il Codice del Consumo "che impone alle amministrazione pubbliche di osservare precisi standard di qualità nell'erogazione dei servizi".
Secondo il deputato e componente della commissione Sanità della Camera, Pierpaolo Vargiu, sull'allungamento delle liste influisce il fatto che "in Sardegna sono ancora pochi gli investimenti in nuove tecnologie". Soluzioni? "Bisognerebbe potenziare la medicina 2.0 per la gestione dei pazienti da 'remoto', i malati cronici devono essere intercettati prima che vadano ad intasare le liste d'attesa". Le informazioni sulle liste sono state estrapolate dai siti delle Asl sarde.
"Si tratta di dati ufficiali – spiega Attilio Dedoni, consigliere regionale e presidente della commissione d'inchiesta sui costi della Sanità – il nuovo manager dell'Ats Fulvio Moirano, sembra essere interessato ad altro. Preoccupa il fatto che le lungaggini riguardino anche gravi patologie, non c'è una Asl che si salvi".
A fronte di tutto questo, fanno notare i Riformatori, la spesa sanitaria continua a crescere: "La Regione spende ogni anno dai 300 ai 350 milioni in più rispetto alla quota di 3 miliardi assegnata dal Fondo sanità nazionale (Fsn) per garantire i livelli minimi di assistenza (Lea), inoltre secondo un recente studio dell'Università Cattolica Sacro Cuore di Roma la spesa media pro capite dell'Isola è di 2.062 euro contro i 1.838 della media nazionale".