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Chi è più fortunato ha passato una selezione pubblica e può contare su contratti a tempo determinato, anche se con scadenze ravvicinate: Ma c'è anche chi, dopo 10 anni, deve ancora accontentarsi di contratti co.co.co., interinali o, peggio ancora, è costretto a fatturare all'ente pubblico che lo ha obbligato ad aprirsi una partita Iva per poter lavorare.
 
Sono questi i precari 2.0 della pubblica amministrazione in Sardegna secondo la Cgil, che oggi ha riunito 200 delegati da tutta l'Isola per ascoltare le loro storie raccontate davanti alla segretaria nazionale di categoria Serena Sorrentino. Quasi impossibile, secondo il sindacato, conoscere l'ampiezza esatta della platea dei precari, tra sistema Regione, sanità ed enti locali.
 
Di norma si tratta di persone che hanno tra i 35 e i 45 anni, con diplomi o laurea, che sono arrivati nella pubblica amministrazione attraverso selezioni e oggi si trovano davanti ad una media di tre rinnovi contrattuali. Liliana Faedda, 47 anni, un marito lavoratore autonomo e due figlie, è precaria da oltre 10 anni.
 
"Siamo un gruppo di 15 archivisti della Regione con tre selezioni concorsuali superate alle spalle e oggi a casa, senza un lavoro: speriamo tutti nella stabilizzazione appena annunciata dall'amministrazione regionale – racconta – Dopo aver messo in ordine 40 chilometri di documentazione, inserito tutto nell'archivio storico virtuale e letteralmente ricostruito, attraverso le leggi, la storia regionale, il nostro contratto si è bloccato dal 2015 per non so quale motivo.
 
Eravamo tutti co.co.co, il primo contratto è stato di sei mesi – sospira – è una situazione che ognuno di noi vive malissimo, anche se tutti abbiamo sempre creduto nel lavoro che facevamo e che ritenevamo importante per la Regione. Certo, ho anche pensato di lasciare la Sardegna ed è una cosa che consiglierò alle mie figlie – confida – un'esperienza fuori la auguro a tutti, ma spero che le future generazioni possano avere opportunità di lavoro qui nell'Isola".
 
"Queste situazioni non devono finire nel dimenticatoio – ammonisce il segretario generale della Cgil sarda, Michele Carrus – vogliamo la carta universale dei diritti che ricompone un quadro unitario di tutele e che stabilisce quali sono le regole e semplifica il mercato del lavoro riducendo da 47 a cinque lei forme contrattuali: il tempo indeterminato, il tempo determinato, la somministrazione per le esigenze temporali e il lavoro occasionale".
 
"Stiamo proponendo un piano straordinario di stabilizzazioni che sia triennale e non annuale – spiega Serena Sorrentino – La riforma più importante riguarda le nuove procedure di reclutamento con il concorso unico. Bisognerebbe poi rendere obbligatorie le causali per i contratti a termine e costruire delle condizioni che consentano l'assunzione dopo un periodo prestabilito: il lavoro va ricostruito nella sua dignità non solo nella forma giuridica".