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"In un periodo di crisi come quello che la Sardegna ha dovuto affrontare e sta ancora affrontando, il volontariato e il terzo settore sono stati fondamentali, ma ora serve una seria e organica riforma per l'intero sistema".

L'ha detto Giampiero Farru, presidente di Sardegna Solidale, intervenendo questo pomeriggio a Sassari al convengo promosso per la presentazione dello studio che l'organizzazione ha condotto con la supervisione di Renato Frisanco, ricercatore nel campo del volontariato e già responsabile del settore Studi e ricerche della Fivol. Insieme a loro, don Angelo Pittau, presidente del comitato promotore per l'istituzione del Centro dei servizi per il volontariato, che oggi fa capo a Sardegna Solidale attraverso una rete composta da 42 sportelli sparsi per tutta l'isola e gestiti anche attraverso il servizio civile. Come è emerso dal dibattito nella sala Angioy del palazzo della Provincia di Sassari, dove si sono incontrati i rappresentanti di numerose realtà no profit e del volontariato cittadine, provinciali e isolane, "il volontariato ha ancora un futuro a patto che sappia intercettare nuove esigenze e nuove modalità di intervento in una realtà sempre più complessa e frammentata".

Oggi in Sardegna esistono 1701 organizzazioni di volontariato, oltre 10 per ogni 10mila abitanti, con una diffusione omogenea sul territorio regionale. Il 64,1% sono nate tra il 1992 e il 2015, le altre risalgono al periodo precedente, con una crescita esponenziale registrata a metà degli anni Ottanta, in coincidenza dei primi dispositivi regionali di riconoscimento e valorizzazione del volontariato. Il 58% delle organizzazioni presenti in Sardegna sono affiliate o federate con le sigle del volontariato nazionale, anche se è significativo il 39,4% di realtà che operano in un raggio zonale o provinciale. Le organizzazioni di volontariato ubicate a Cagliari hanno un bacino di operatività mediamente più ampio. Il 51% dei volontari sardi si occupa di welfare tradizionale, ossia appartiene a organizzazioni che si fanno carico dei bisogni e dei diritti della popolazione più svantaggiata e marginale nella società. Il 31% si fa carico invece della qualità della vita e della sicurezza dei cittadini nelle comunità locali. "Il fare non sia pura manovalanza ma diventi contemporaneamente realizzazione di valori, atto di denuncia e azione di proposta", ha ribadito Giampiero Farru.

"La politica non dimentichi che i volontari non sono sudditi ma cittadini e che la cittadinanza è azione – ha concluso – partecipazione, confronto, crescita collettiva".