Oggi i Media riportano le dichiarazioni di alcuni Segretari del Sindacato in riferimento al prolungato silenzio del Governo sulla vertenza Alcoa
Effettivamente, per l'ennesima volta, i tempi si allungano.
Per quale motivo? La sensazione (rafforzata dalle indiscrezioni) è quella che il Ministro Calenda abbia timore di dare il via libera alla Multinazionale Sider Alloys, finora unica ad aver presentato una proposta d'acquisto, perché da lui (e da molti) considerata non abbastanza strutturata per gestire una fabbrica di alluminio primario di quelle proporzioni.
Certo, S.A. porta in dote un Piano Industriale da 25 mln di euro, e ci sarebbero (manteniamoci sempre sul condizionale) pure i soldi che Alcoa si era impegnata a concedere a chiunque acquisisca lo Smelter, circa 31 mln, ai quali andrebbero aggiunti quelli promessi con un accordo di programma dal Governo. Ci sarebbero insomma le risorse per riavviare lo stabilimento.
Ma una volta avviata, qual è il costo d'esercizio annuale, soprattutto nelle prime fasi, di una realtà produttiva di quelle proporzioni?
Non ho numeri precisi, ma a occhio e croce molto più di quanto si spenda per riavviarla. Impossibile non porsi anche un'altra domanda: un'azienda come la sopracitata, sarebbe in grado di far fronte, in caso di difficoltà nella commercializzazione del prodotto finito, di una fluttuazione (per una qualsiasi contingenza internazionale) della quotazione dell'alluminio, del reperimento delle materie prime, etc. etc. e di qualsiasi altro problema, a queste situazioni e a resistere per un periodo di tempo indefinito come invece potrebbe fare una multinazionale strutturata di livello alto?
Ecco quindi che il rischio paventato che Invitalia, soggetto che dovrà rilevare per conto del Governo lo stabilimento e rivenderlo al migliore acquirente (liberando il venditore da ogni responsabilità di carattere legale in base alle leggi vigenti), possa successivamente rimanere col cerino in mano, cioè con lo stabilimento sul groppone, è molto elevato.
In tal caso, il Governo sarebbe obbligato immediatamente a smantellare, forse.
D'altronde, anche la vicenda Alitalia, pur con le dovute ed evidenti differenze, dimostra che quando una cessione di un asset industriale va male, dopo a pagare sono sempre i contribuenti con i propri soldi.
E quindi cosa sta tentando di fare il Governo? Tenta di interloquire con altri potenziali player del settore. Uno di questi sarebbe una nota azienda dell'automotive del Nord Italia, il cui nome resta misterioso (ma tutti sanno di chi si tratta), che avrebbe dato disponibilità ad avviare la “due diligence”, ovvero la verifica degli impianti.
Anche se fino a pochi giorni fa (non ho dati aggiornati a questa settimana) non era ancora entrata in stabilimento, insomma, non aveva iniziato proprio un bel niente.
E' chiaro quindi che i tempi si allungano notevolmente, e dopo quasi 5 anni di chiusura dell'attività produttiva, vista la condizione sempre più problematica del lavoratori diretti e indiretti, molti in dirittura d'arrivo con l'esaurimento degli ammortizzatori sociali, ogni mese che passa, sembra un'eternità.
Tanto più nel Sulcis Iglesiente con indicatori macroeconomici e diseguaglianze di accesso, genere e condizione che fanno impallidire quelle di diversi centri del Nord-Africa che per tradizione dovrebbero invece stare molto peggio.
D'altra parte, intavolare nuove trattative presuppone una trafila burocratica che richiede mesi.
E in questo contesto, ancora oggi, devono incasellarsi in modo concreto tutti quegli elementi che permetteranno l'appetibilità e quindi la competitività dello stabilimento per ogni potenziale acquirente.
A oggi non esiste alcun decreto sull'energia. Esiste un progetto con un'impalcatura solida e un parere positivo sulla stessa, anticipatore, dell'UE, ma per concretizzare le tariffe energetiche riequilibrate (senza le quali nessun riavvio potrebbe materialmente iniziare) c'è bisogno della decretazione e della successiva (entro tre mesi) conversione in legge del provvedimento. Stesso discorso vale per il dragaggio del Porto Industriale che ancora, a causa delle lungaggini degli iter burocratici, non è partito (i lavori dovrebbero iniziare a giugno-luglio) e per la bonifica delle falde acquifere (su cui ci sarebbe l'intesa di massima con tutti i soggetti coinvolti) che rappresenta una forte pregiudiziale da parte di Alcoa a qualsiasi concretizzazione dell'accordo con Invitalia per la cessione dello stabilimento. Senza contare poi la reale entità dei soldi che il Governo dovrà erogare per il riavvio e il mantenimento degli impegni (in realtà sull'accordo del 27 marzo 2012 già scaduto) da parte di Alcoa sulla parte di risorse finanziarie che le competono per il medesimo scopo.
Dunque, senza l'incasellarsi perfetto di tutti (e altri che per questioni di spazio non ho citato) questi tasselli, nessun acquirente degno di tale nomea proseguirà nella trattativa per la l'acquisizione dello stabilimento.
Burocrazia, lentezza nelle decisioni politiche, tentennamenti vari, stanno, per l'ennesima volta, mettendo a rischio la risoluzione positiva della vertenza. Anche perché il tempo non è una variabile indipendente. E, statisticamente parlando, più passa, meno probabilità ci sono che una fabbrica di questo tipo venga riavviata. Anzi, è già un miracolo che in Europa ci siano delle chance di farlo.
Arrivati a questo punto, senza alcuna volontà di sponsorizzare un'azienda piuttosto che un'altra, è evidente che il Governo deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità e, se davvero non ci sono altre vie, rischiare. E lo deve provare a fare con chi da un anno e mezzo è seduto al tavolo e dimostra, perlomeno, di voler concretizzare la trattativa.
Deve andare, per utilizzare una metafora, a “vedere il piatto”.
Anche perché, questa è molto più di un'indiscrezione, Sider Alloys ha già comunicato al Ministero di non sentirsi adeguatamente considerata e rispettata e di essere pronta ad abbandonare il tavolo di trattativa. Ipotesi per ora scongiurata con l'intervento del Ministro che ha chiesto ulteriore disponibilità ad aspettare e quindi tempo.
Ma per quanto questo potrà durare?
Il rischio reale, ed è anche il timore di tutti, è che percorrere altre vie, che di per se è legittimo e, diciamolo pure, doveroso, si ripetano gli errori che nel passato hanno costellato, da Aurelius a Klesch, fino a Glencore, la vertenza, con fasi dove si dava la stessa quasi per risolta, salvo poi essere sistematicamente sconfessati ogni volta.
Un'altra lettura, questa molto più suggestiva e con tutta probabilità appartenente alla sfera delle illazioni, è quella che indicherebbe in alcuni settori della politica, come quelli che avrebbero avuto e avrebbero tutt'oggi pregiudiziali per un'azienda piuttosto che un'altra. Ipotesi alla quale nessuno vorrebbe mai credere, e che sarebbe giustificata solo dall'atavico egoismo e dalla sete di potere che spesso hanno caratterizzati molti ambiti umani nella storia.
Ma lasciando da parte le illazioni, e attenendoci solo all'ufficialità delle dichiarazioni e dei provvedimenti reali, credo che oltre al Governo, anche il Sindacato, arrivati a questo punto, deve assumersi le proprie responsabilità e passare a una nuova fase della vertenza nella quale le concessioni di tempo e di fiducia nei confronti dei decisori politici, devono drasticamente cessare.
Non c'è più tempo, non c'è più voglia e nemmeno tolleranza nei confronti di una classe politica il cui rapporto tra cose realizzate e i proclami, è drammaticamente sbilanciato a favore di quest'ultimi.
Lo sanno bene i lavoratori del Sulcis Iglesiente, che dal Polo Industriale, passando per l'AIAS fino agli Ita-Ifras, si vedono negati i diritti costituzionali e da troppo tempo aspettano risposte concrete e definitive sulla propria condizione.