La Corte costituzionale, con sentenza n. 103 dell’11 maggio 2017, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma 12, 4, commi 24, 25, 26 e 27, e 8, comma 13, della legge della Regione autonoma Sardegna 11 aprile 2016, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno 2016 e per gli anni 2016-2018 (legge di stabilità 2016)»”, fra cui le norme in materia di sclassificazione – cioè sdemanializzazione – di terreni dai rispettivi demani civici.
A denunciuarlo è l'associazione Gruppo di intervento giuriodico che evidenzia: "Ancora una volta la Corte costituzionale ha pesantemente censurato l’ennesimo tentativo di Giunta e Consiglio regionali di eversione dei diritti di uso civico"
Il Giudice delle Leggi afferma che, “pur nel mutato quadro normativo, la destinazione di beni civici può essere variata solo nel rispetto della vocazione dei beni e dell’interesse generale della collettività, all’esito di un procedimento tecnico-amministrativo, rispettoso dell’art. 41 del r.d. n. 332 del 1928”, mentre le norme regionali impugnate “producono l’effetto di sottrarre al patrimonio collettivo vasti appezzamenti di territorio, individuati od individuabili secondo la diversa tecnica normativa impiegata”.
Nei casi estremi in cui si può giungere alla sdemanializzazione essa deve, quindi, essere a titolo oneroso, per risarcire la collettività della perdita di parte del proprio patrimonio.
Inoltre, “le norme impugnate sono altresì lesive del principio di leale collaborazione perché sottraggono preventivamente una parte del patrimonio che dovrebbe essere sottoposto alla copianificazione tra Stato e Regione. Dopo la funzionalizzazione di tali beni alla cura del paesaggio e dell’ambiente, il carattere ‘sclassificante’ delle norme regionali – anziché assumere un profilo di marginale riduzione del patrimonio tutelato – viene a costituire un elemento pregiudizievole e condizionante gli indirizzi ed i contenuti della pianificazione”, soprattutto per il “carattere generalizzato di una tale procedura”.
In realtà, “i beni d’uso civico sono inalienabili, inusucapibili ed imprescrittibili e la loro sclassificazione, che è finalizzata a sottrarre in via definitiva alla collettività di riferimento il bene, è un evento eccezionalesubordinato alle specifiche condizioni di legge, tra le quali mette conto ricordare che le zone oggetto di legittimazione o di alienazione non interrompano la continuità del patrimonio collettivo, pregiudicandone la fruibilità nel suo complesso”.
Le norme regionali dichiarate incostituzionali individuano, in sostanza, “fattispecie che potrebbero essere riconducibili ad ipotesi di condono di diversa natura e di differenziati presupposti”.