orgosolo-la-barista-in-lacrime-and-quot-episodio-gravissimo-il-sindaco-non-cerchi-scuse-and-quot

Ho pianto quando ho realizzato cosa era successo. C’era talmente tanta gente il giorno dentro il bar che sul momento ho solo sentito un forte odore di bruciato e visto una nuvola di fumo bianca tra la folla ma non ho capito subito. Quando ho capito il ragazzo era già andato via”.

Tania Poddighinu, barista e sorella della titolare del bar di Orgosolo in cui Federico Coni è stato vittima dei due bulli che avrebbero dato fuoco ai suoi capelli, è ancora incredula e sconvolta per quanto accaduto nel suo paese:

“Ero dietro il bancone  a lavoro quel giorno  – continua la barista – ma non si capiva nulla per la confusione. Quando ho capito ho avuto anche un attacco di panico. Non ci posso credere che sia accaduto proprio qui, in un posto in cui veneriamo i turisti perché sono quelli che ci fanno lavorare e ci fanno mangiare. Si tratta di un episodio gravissimo che non può essere tollerato. Se il giovane avesse sporto denuncia lo avrei capito e se avesse reagito subito io avrei anche abbassato le saracinesche del bar pur di acchiappare i responsabili. Ma è stato tutto così veloce, e la gente era così tanta che è stato impossibile intercettare qualcuno che potesse essere il colpevole”.

Non ci riflette un secondo Tania prima di dare credito alla lettera e alle parole del giovane che ha raccontato la sua disavventura e si infuria per le parole del primo cittadino di Orgosolo, Dionigi Deledda, che ha minimizzato l’episodio ipotizzando un incidente causato da qualche sigaro:

“Vogliamo smetterla di nasconderci dietro un dito? Mi sembra assurdo che sia il primo cittadino del mio paese ad accampare scuse di questo tipo quando la cosa più sensata da fare dovrebbero essere un mea culpa. Qui stiamo parlando di rapporti personali, di persone che hanno corso dei rischi dentro il nostro bar. Ma quale sigaro? Dentro il locale non si può fumare. Bisogna prendere atto che in giro ci sono uno, due, dieci giovani capaci di gesti così gravi. E bisogna fare qualcosa. Mi sento ancora male quando penso al rischio che ha corso quel giovane. Voglio che venga qui, a casa mia, per dirgli che non sono rimasta a guardare senza far nulla, non ho capito subito cosa succedeva, non ho avuto il tempo”.