Ad un giovane detenuto a Buoncammino non è stato consentito di far visita al padre in fin di vita, a causa di gravissime patologie. L'autorizzazione del giudice è arrivata troppo tardi, precisamente il giorno stesso in cui il padre del ragazzo è morto senza che il figlio abbia potuto dare l'ultimo saluto al genitore. Lo denuncia l'avvocato Anna Maria Busia, consigliera regionale del Centro Democratico.
"Accade a causa del diniego di un medico ospedaliero di certificare il pericolo di vita del paziente – spiega Busia – pur sapendo che tale certificazione era indispensabile, assolutamente imprescindibile, affinché il Giudice procedente concedesse l'autorizzazione al figlio detenuto del paziente.
L'11 aprile – ricostruisce la vicenda l'avvocato – viene, infatti, presentata al Giudice l'istanza, corredata dalla documentazione medica, che attesta l'esistenza di una serie di patologie nonché la terapia praticata al paziente, ma nulla in ordine al rischio quoad vitam. La specialista dell'Ospedale di Lanusei, nonostante le reiterate richieste dei familiari di certificare esplicitamente l'imminente rischio di decesso, si rifiuta di farlo opponendo alle insistenti richieste la possibilità, per i Magistrati, di nominare un perito che accerti se dalle patologie certificate emerga tale infausta conseguenza.
Il medico, pertanto, rifiutandosi di certificare la gravità della situazione – prosegue Busia – rilascia ai familiari del detenuto una certificazione certamente dettagliata ma talmente tecnica da non consentire ai Giudici di percepire la gravità della situazione. Per ciò i Giudici rigettano l'istanza di permesso. I familiari disperati, sapendo di combattere una lotta contro il tempo, si rivolgono allora al loro medico di base, che il 14 Aprile successivo, senza troppe difficoltà e senza opporre alcuna questione inerente la legge sulla Privacy, rilascia finalmente ai familiari il certificato attestante "l'imminente pericolo di morte" del paziente. I giudici in data 15 Aprile, preso atto della ultima certificazione rilasciata, autorizzano il ragazzo detenuto a far visita al padre ma, poiché lo spostamento dello stesso richiede la predisposizione di mezzi ed uomini, lui non ha, di fatto, il tempo di incontrare il padre vivo perché lo stesso giorno costui muore prima che il figlio lo raggiunga a casa", conclude Anna Maria Busia.