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Per la prima volta nella storia dell'autonomia della Sardegna, dal 1948 ad oggi, la Regione reclama le sue dighe attuando una legge del 2006 in materia di risorse idriche e bacini idrografici e quindi subentrando, attraverso Enas, nella titolarità di tutte le concessioni del sistema pubblico dell'acqua completando il processo avviato nel 2007 e nel 2011.
Da oggi – come anticipato stamattina dall'ANSA – entrano nell'elenco le dighe del Coghinas, Flumendosa e Taloro, oltre che quelle in costruzione del Combidanovu (Orgosolo) e Monti Nieddu (Orgosolo). Questo significa che ora Regione e Enel dovranno confrontarsi sulla questione, sempre che, come è già accaduto in passato, non si arrivi ad uno scontro che potrebbe allungare i tempi.
Fino ad ora, infatti, le concessioni degli impianti ideroelettrici sono stati gestiti dall'Enel che annualmente ha avuto un ricavo di 47 milioni di euro lordi per la produzione di energia (550GWh: 250 da deflusso e 300 da pompaggio) a cui si aggiungono 6,6 milioni di euro di valore dei certificati verdi.
Una piccola parte riguarda Enas che produce 40 Mwh annui per un valore che si aggira tra i 3 e i 5 milioni di euro.
Per la Regione l'obiettivo principale è quello del raggiungimento dell'equilibrio dei costi e dei ricavi della gestione del multisettoriale (dighe che servono acqua grezza per l'agricoltura, per il servizio idrico integrato gestito da Abbanoa e per l'idroelettrico). Attualmente, infatti, esiste uno squilibrio perché Enas "costa" ogni anno circa 24-26 milioni di euro. Per coprire questi costi la Regione Sardegna nel 2014 ha stanziato 19 milioni di euro, mentre Enas ha un debito verso i Consorzi di bonifica per 11 milioni, mentre vanta un credito verso Abbanoa (da 2006 al 2013) per 56 milioni per fornitura di acqua grezza.
"Non si tratta di delibere contro qualcuno – ha spiegato il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, in una conferenza stampa successiva alla seduta odierna di Giunta – ma riaffermano un principio importante. Certo – ha aggiunto – esistono aspetti delicati, soprattutto per quel che riguarda la partita dell'idroelettrico, ma stiamo definendo un qualcosa previsto dalla legge. In un secondo momento si discuterà con tutti i soggetti interessati".
L'assessore ai Lavori Pubblici Paolo Maninchedda ha rimarcato "la portata storica delle delibere: la partita – ha chiarito – è aperta sull'utilizzo delle risorse idroelettriche, ma non vogliamo perseguitare nessuno né abbiamo pregiudizi. In altre Regioni italiane sono state trovate diverse soluzioni e qui se ne troverà una che deve tenere conto di alcune linee guida: l'autosufficienza energetica del sistema multisettoriale regionale, l'unitaria del sistema idrico, il raggiungimento equilibrio costi-ricavi della gestione, l'incentivazione alla conservazione e al risparmio dell'acqua".

Enel. “Enel ribadisce che la gestione delle dighe in Sardegna non potrà prescindere dalla scadenza delle concessioni nel 2029 come da Dlgs 79/99. Tale diritto sarà oggetto di tutela in ogni sede ritenuta più opportuna anche a livello Comunitario". Così la società dopo l'annuncio della Regione che punta ad ottenere la gestione diretta dei bacini dell'Isola.
L'Enel 'apre' sui contenziosi auspicando "che con la Regione si possa aprire un proficuo dialogo di gestione degli interessi comuni dando attuazione alle proposte già avanzate" dalla società "per la composizione di tutti i contenziosi in corso".

La replica di Maninchedda. "Fa sempre piacere sentire Enel dichiararsi disponibile a un incontro con la Regione Sardegna, al quale siamo sempre stati disponibili. Fa invece sorridere il richiamo al Decreto Bersani e alla scadenza lunare del 2029, giacché questa scadenza è stata già annullata dalla legge regionale 17/2000, contro cui l'Enel si rivolse al Tribunale delle Acque nel 2008 e perse la causa". Lo dice all'Ansa l'assessore regionale dei Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, che replica così alla nota della società elettrica sulla gestione delle dighe e delle risorse idroelettriche in Sardegna.

"Tutti i tentativi di proroga delle concessioni tentate dal Parlamento italiano sul modello del decreto Bersani – aggiunge Maninchedda – sono state cassate dalla Corte costituzionale sulla base di ricorsi presentati dalle Regioni. I sardi sono i proprietari delle dighe del multisettoriale, questo è acquisito.

Poi, chiunque voglia proporre buoni affari, vantaggiosi per i sardi, rispettosi dei diritti dei sardi, compatibili con uno sviluppo sostenibile, è ben accetto in Regione Sardegna".