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Non c'è nessun disastro ambientale nella zona del poligono di Quirra, ma per avere un quadro completo della situazione serve il lavoro di un'equipe di tecnici esperti nelle varie materie (biologi, geologi, chimici).
Lo ha stabilito la super perizia del prof. Mario Mariani, depositata questa mattina in tribunale a Lanusei. Il perito, su incarico del Gup, aveva il compito di accertare la presenza di sostanze tossiche nel poligono militare di Quirra. Un lavoro durato quasi un anno.

Settanta pagine di relazione, più cinque cartelle e vari allegati, consegnano un quadro della situazione non catastrofico: nessun disastro ambientale nella zona del poligono militare sardo e nessuna compromissione permanente del territorio, ma nella stessa relazione il perito rimanda ad un'equipe di tecnici esperti nelle varie materie per poter avere un quadro più completo della situazione.

L'udienza per la discussione della perizia è stata rimandata al 18 giugno.

Gettiamo le basi. "Sul caso Quirra la scienza come al solito non conferma e non smentisce" la contaminazione da sostanze tossiche e "le conclusioni del perito del Tribunale, Mario Mariani, non stupiscono l'associazione", Gettiamo le basi infatti "aveva annunciato con largo anticipo (nel marzo e nel novembre 2013) che la metodologia di ricerca utilizzata dallo scienziato incaricato dal giudice si era rivelata da tempo poco adeguata. La stessa usata nel 2001 dall'United Nations Environment Program (Unep) in Kosovo dove sono state sparate 10 tonnellate di uranio impoverito, stando alle documentazioni Nato. Ma la classica analisi geochimica delle matrici ambientali (suolo, acqua, aria) ha rilevato per il Kosovo: non esiste alcuna contaminazione diffusa e misurabile".

"L'Unep, però, ha concluso con l'ammissione – ha spiegato Gettiamo le Basi – di avere usato una tecnica non idonea e ha indicato metodologie più consone. Scienza a parte, però, basta un briciolo di buon senso per capire che sostanze tossiche, nocive e/o radioattive, se sparate o fatte brillare, si frantumano in un aerosol di polveri sottili e sottilissime, si disperdono a grandi distanze, non restano strette strette appollaiate su un albero o una roccia nel punto d'impatto, non resistono immobili per anni e anni alla forza dei venti, al dilavamento delle piogge, alla voracità di capre, api e pesci, ma in gran parte sono trasferite nel corpo di chi l'aerosol ha respirato, e di chi, ammalandosi, ha mangiato quel formaggio, quel miele o quel pesce. Dopo questo risultato e dopo l'ennesima perizia la patata bollente torna al giudice e i tempi della prescrizione si avvicinano sempre più".