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Punta il dito contro i medici di base che non hanno saputo curare il malessere che stava tormentando sua nipote e si lamenta di alcune frasi utilizzate dalla stampa per descrivere la tragedia. E' una lettera lucida e amara quella inviata ai direttori delle testate giornalistiche sarde dalla zia della 36enne indagata per omicidio volontario aggravato per aver provocato la morte della sua bimba di 3 anni, gettandosi in mare insieme a lei e al figlio di 4 anni venerdì scorso al lido di Orrì (Tortolì), in Ogliastra.
"Comprendiamo il dovere di cronaca, e ringraziamo la sensibilità dei giornalisti, pur lamentando qualche dato impreciso – scrive la zia – e qualche espressione che definirei rozza ma non per questo meno tagliente e feroce". Nella lettera la parente descrive la giovane mamma. "Mia nipote – dice – è una ragazza solare, generosa, intelligente, schietta ed estroversa.
Consapevole, lei e i familiari, del suo malessere fisico, si è rivolta a un medico cercando rimedio. I primi di una lunga lista di medici, compresi quelli dell'ospedale di Nuoro, sono stati i medici di base i quali di volta in volta, a seconda del sintomo, continuavano a prescriverle antibiotici sorvolando e negando, anche dopo il suggerimento della sorella, uno squilibrio ormonale e fisico che segue il parto (depressione post partum) perché, a loro dire, tale sindrome non si presenta a distanza di due anni dal parto".
La zia non accusa nessuno ma vuole "mettere in risalto i buchi di una sanità che lascia privi di formazione continua obbligatoria i presidi di base". E aggiunge: "Mia nipote ha esternato a tutti, medici e parenti, il suo malessere che da fisico si stava tramutando in psichico e finché ha potuto ha cercato rimedio, sostenuta in questo dal compagno e dai familiari stretti che, per educazione e riconoscendosi incompetenti, non hanno voluto mai alzare la voce con i medici di base, anche se, da profani, intuivano che i farmaci prescritti erano inadeguati al malessere di mia nipote".