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"L'abboccamento con i sequestratori di Titti Pinna non andò a buon fine perché la sera del 26 settembre 2006 il loro emissario fiutò l'attività della Squadra mobile della Questura di Sassari e sparì nel nulla, senza farsi più sentire e senza presentarsi all'appuntamento successivo". È la versione dei fatti fornita oggi da padre Pinuccio Solinas, con la deposizione in aula nel corso del processo-bis per il sequestro di Titti Pinna, l'allevatore di Bonorva prelevato dall'azienda familiare di "Monti Frusciu" il 19 settembre 2006 e scappato otto mesi dopo dalla prigione di "Su Padru", in territorio di Sedilo.
Il frate francescano, compaesano dell'ex sequestrato, si era attivato nelle primissime fasi del sequestro per cercare di riportarlo a casa. Una settimana dopo il rapimento, padre Solinas aveva incontrato vicino al passaggio a livello di Mulargia gli emissari dei sequestratori, che avevano fatto una prima richiesta di riscatto. La trattativa si era però arenata e il francescano era uscito di scena.
Due udienze fa l'ex comandante dei Ros, Alfonso Musmeci, aveva raccontato che padre Solinas, messo alle strette, aveva rivelato in che modo fosse entrato in contatto con gli emissari, spiegando che venne avvicinato da uno dei due attuali imputati: il compaesano Giovanni Maria "Mimmiu" Manca, 53 anni di Bonorva, imputato con Antonio Faedda, 45 anni, di Giave. I due erano stati arrestati con un blitz dei carabinieri il 19 dicembre del 2013 e sono ancora detenuti. Da quella rivelazione era partita l'inchiesta-bis della Dda di Cagliari. Incalzato dal pm Gilberto Ganassi, oggi padre Solinas ha spiegato che un ostaggio che riesce a liberarsi non ha più alcun debito con i propri sequestratori. Per questo motivo rifiutò di partecipare a qualsiasi altro incontro su tale argomento.
Il processo è stato quindi aggiornato al prossimo 13 marzo.