Settantuno donne arrivate in Sardegna da ogni angolo del mondo. Tutte coinvolte in un progetto di corsi di formazione per diventare fioriste, sarte, ceramiste, imprenditrici, creative o addette del settore della ristorazione. Lezioni per imparare un mestiere. E magari trovare un lavoro: due di loro hanno già firmato un contratto. Otto hanno ricevuto proposte di occupazione. Una donna nigeriana sta per aprire un ristorante tipico a Sassari con le specialità del suo paese. E ancora quattro stanno costituendo una start up nel settore della sartoria. Nei prossimi mesi, con il titolo di qualificazione in mano, tutte potranno giocarsi una chance nel mondo del lavoro.
Una comunità davvero multietnica: Africa, est europeo, Sudamerica, Asia. Molto variegata anche per tipo di formazione: sei donne laureate, ma altrettante analfabete. Con età che vanno da 21 a 61 anni. Sono questi i numeri più del progetto "Diamante, Immigrazione, Donne, Competenze" illustrati questa mattina durante un convegno. L'iniziativa è stata attivata dall'Assessorato regionale del Lavoro e finanziata con fondi del POR Sardegna FSE 2007-13. Scopo dell'avviso era quello consentire alle donne immigrate di realizzare un'attività professionale capace di favorire il proprio sostentamento economico, il loro inserimento personale e familiare nel tessuto produttivo isolano, e agevolare, tra l'altro, la realizzazione di eventuali sinergie tra le diverse realtà produttive sarde e quelle peculiari del territorio di origine delle corsiste. I quattro progetti destinatari dell'intervento hanno formato cuoche, addette alla ristorazione, fioriste e ceramiste. Una trentina le aziende sarde che hanno voluto essere partner dei progetti, ospitando le corsiste per degli stage che facevano parte integrante del percorso formativo. "Siamo soddisfatti – ha detto l'assessore regionale del Lavoro Virginia Mura – si tratta di attività per favorire l'inclusione sociale di deboli tra i deboli. Donne che hanno delle competenze in più e che ora possono tramettere educare i figli all'inclusione. Risorse in più anche per la nostra terra". Una piccola comunità internazionale. Con nazionalità diverse (ventuno paesi di provenienza) ma alla fine unità verso il traguardo. Anche a pranzo. Con i pasti che diventavano una piccola Expo: ciascuno portava da casa i prodotti tipici del proprio Paese. Una particolarità: tanto impegno e poche assenze. Tutte determinate per raggiungere l'obiettivo.







