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Nel comparto agropastorale in Sardegna il 50 per cento del lavoro degli immigrati è invisibile. E' quanto emerge dal dibattito sul tema dei migranti e sulle possibili forme di inclusione e integrazione oltre che emersione dal lavoro nero, organizzato da Flai Cgil in occasione della giornata internazionale dei migranti, che quest'anno il sindacato nazionale ha deciso di celebrare nell'Isola.
Secondo il segretario generale della Cgil sarda, Michele Carrus, "si devono fare scelte precise per incrementare i servizi ispettivi, di vigilanza e prevenzione contro il lavoro nero e il caporalato, ancora vergognosamente diffuso nei nostri campi".
Inoltre, "la Cgil regionale sta lavorando su un progetto per l'integrazione dei migranti con il doppio obiettivo anche di ripopolare le nostre aree interne".
Di abbandono dei campi ha parlato anche il segretario regionale del Pd ed europarlamentare, Renato Soru: "In Sardegna non vogliamo più occuparci dei nostri vecchi, nelle nostre campagne non ci vuole lavorare più nessuno, la politica deve mettere da parte ogni tentativo di cavalcare solo mal di pancia.
Così, se i migranti decidono di lavorare la nostra terra, ben vengano". 

"Vogliamo denunciare il caporalato in Sardegna prima che diventi un elemento strutturale del mercato del lavoro". Lo ha detto stamattina il segretario nazionale di Fial Cgil, Giovanni Mininni, al convegno sul tema dei migranti e sulle possibili forme di inclusione e integrazione oltre che emersione dal lavoro nero, organizzato da Flai Cgil in occasione della giornata internazionale dei migranti.
Secondo dati Inps, su 15.425 lavoratori nel settore, i migranti registrati sono 1.688. Ma secondo le stime di Flai, circa altrettanti lavorano in nero. "Domani – ha aggiunto Mininni – tenuto conto che alcune prerogative legislative sono in capo alla Regione, sottoporremo all'attenzione della Giunta regionale una proposta di legge contro il lavoro nero e lo sfruttamento in agricoltura".
Il segretario regionale di Flai, Raffaele Lecca, ha spiegato che "la nostra è una terra di lavoratori, I migranti impegnati nel settore dell'allevamento tradizionale vivono una condizione di vita simile a quella degli schiavi, comunque peggiore rispetto a quella di chi un tempo veniva chiamato servo-pastore".
All'incontro-dibattito ha partecipato anche l'assessore regionale al Lavoro, Virginia Mura, che ha ricordato la sua esperienza da responsabile delle direzioni provinciali e regionale del Lavoro: "Anni fa, nel corso di un'ispezione nelle campagne, mi capitò di incontrare tanti braccianti extracomunitari senza copertura. Da allora molto è cambiato, ma resta ancora tanto da fare".