Combattivo, sarcastico, a tratti quasi aggressivo nel rispondere alle domande del pubblico ministero che, usando le parole pronunciate in aula dallo stesso imputato, "volle farmi provare la bellezza del soggiorno a Massima (il carcere di Oristano, ndr)". L'ex capogruppo del Pdl nel Consiglio regionale della Sardegna, Mario Diana, non usa mezzi termini: lo aveva già fatto capire quando era stato arrestato a novembre 2013, accusato di peculato nell'ambito dell'inchiesta sui fondi ai gruppi, scrivendo dalla cella un proprio j'accuse.
Non ci sta a pagare per tutti e, nell'aula della prima sezione del tribunale di Cagliari, oggi è toccato a lui parlare.
La Procura gli contesta spese illegittime per oltre 200 mila euro, ma molte sono riconducibili ad altri consiglieri del suo gruppo: il più numeroso con ben 35 componenti. Tra le tante imputazioni di peculato mossegli dal pm Marco Cocco, una riguarda l'acquisto di oltre un centinaio di confezioni di formaggio. "
È sempre accaduto – ha sottolineato Diana – abbiamo regalato confezioni di formaggio da 27 euro a Natale ai dipendenti del gruppo e ai colleghi. Quell'anno avevamo deciso di non dare il classico panettone. Certamente non si può pensare che mi sia portato a casa cento confezioni di formaggio o di riso".
L'ex esponente del Popolo della Libertà ha poi risposto alle richieste di chiarimenti dell'accusa sull'acquisto di 31 penne Mont Blanc. "Su proposta del vice-capogruppo Simona De Francisci – ha precisato – decidemmo di fare quel regalo perché il 20 per cento andava all'Unicef. Andammo con lei a comprarle e l'unico che, a quanto mi risulta, non ritirò subito la penna fu Carlo Sanjust. Per sei mesi rimase al gruppo".
Mario Diana è apparso in difficoltà quando, però, ha dovuto ricostruire l'acquisto di pubblicazioni e libri di pregio per oltre 41 mila euro, sequestrati dagli investigatori della Procura a casa sua e pagati con addebiti al conto corrente del gruppo consiliare.
“Ero l'unico collezionista istituzionale in Sardegna – si è giustificato – ho fatto quegli acquisti con bollettini, Rid, fatture trasparenti e tutto tracciato, non ho nascosto nulla né occultato. Pensavo di poter usare una indennità aggiuntiva, come accadeva in altre regioni dove i capigruppo avevano tra i 1500 e i 2000 euro in più, per via della mole di lavoro da svolgere".
Il processo è stato aggiornato al 15 aprile: proseguirà l'esame di Mario Diana davanti ai giudici, poi il 26 inizieranno a sfilare i testimoni della difesa. Il pm Cocco, con accanto i suoi investigatori del pool formato da carabinieri e finanzieri, ha contestato fattura per fattura utenze internet, convegni, cene e migliaia di euro per apparecchiature elettroniche e televisori.
"Le fatture per internet – si è difeso Diana – nonostante l'intestazione fosse nella mia residenza di Oristano, riguardavano l'utenza business attiva in Consiglio regionale. Io non ho mai avuto a casa quelle utenze".
Su cene e convegni l'imputato si è limitato a chiarire che si trattava di appuntamenti organizzati da altri esponenti del gruppo Pdl, mentre sull'acquisto di televisori da 40 e 50 pollici, l'ex capogruppo ha risposto: "Il mio collaboratore mi forniva l'assegno, guardavo l'importo e prendevo la fattura. Per le dotazioni informatiche non ho mai tenuto il conto, visto che il gruppo era molto numeroso e ogni ufficio aveva televisori e computer".
Difeso dagli avvocati Mariano e Massimo Delogu, Diana ha dato vita ad un confronto teso e molto diretto col pubblico ministero, ma su varie fatture non ha saputo fornire risposte.
"Non posso ricordare tutto – ha spiegato al presidente del tribunale, Claudio Gatti, consegnandogli una pennina usb – qui dentro c'è tutto il bilancio del gruppo, tutte le voci, imovimenti sui conti, le fatture. Mi ero affidato ad un consulente esperto e preciso. Qui dentro si trova tutto".







