Avanti con gli abbattimenti dei maiali tenuti a pascolo brado e contestualmente con la campagna di comunicazione che partirà a marzo per convincere chi ancora non l'ha fatto a mettersi in regola e recintare gli allevamenti, una misura necessaria per debellare la peste suina africana (Psa) in Sardegna. E' quanto emerso dal confronto tra l'assessore della Sanità Luigi Arru e i consulenti per l'eradicazione della malattia: Josè Manuel Sanchez-Vizcaino, tra i massimi esperti al mondo di Psa, e Alberto Laddomada, super esperto dell'Ue.
Secondo i dati della Regione, oggi nell'Isola ci sono circa 16 mila allevatori di suini con una media 5-6 maiali ciascuno: l'1,8% rappresenta allevamenti professionali, mentre circa il 90% ha meno di 15 animali. Tra giugno e novembre 2015, quando è stata aperta una finestra per l'emersione del pascolo brado, sono state regolarizzate 439 posizioni, ne rimangono altre 200 circa in varie parti della Sardegna. L'obiettivo della Regione è di andare avanti con la campagna di regolarizzazione – oggi quella finestra è chiusa e quindi chi emerge pagherà la sanzione fino ad un massimo di 10 mila euro – e di puntare ad una drastica riduzione dei focolai che sono passati da 40 nel 2014 a 16 nel 2015.
Secondo Vizcaino, "occorre marcare la differenza tra la storia passata e quella futura e chiedersi cosa si vuole fare con la produzione suinicola sarda perchè l'Isola – spiega – ha un sistema con potenzialità per il futuro sia per la qualità del prodotto che può essere competitivo sui mercati internazionali, sia per il grande autoconsumo. Ebbene l'unico limite a tutto questo – avverte – è dato dalla pesta suina e dal pascolo brado in particolare". L'esperto propone di agire sia sul lato economico ("in Spagna i prodotti del maiale valgono anche 2mila euro"), che su quello dell'informazione mirata sul territorio, perchè, sottolinea, "un prodotto malato è senza valore".
E il primo passo è far capire agli allevatori che, una volta individuato il focolaio, non è possibile abbattere solo i capi infetti, ma occorre considerare quella porzione di territorio come "un'unica unità epidemiologica". Anche l'assessore Arru è convinto che occorra agire su più fronti. "Noi non stiamo contestando le modalità di allevamento tradizionale – precisa – ma stiamo dicendo che quella cultura del pascolo brado dopo la comparsa della peste suina non va più bene".
"Abbiamo fatto migliaia di incontri sul territorio – ricorda Laddomada – e stiamo ora verificando la risposta. Da parte nostra c'è tutta la volontà di correggere il tiro se serve".
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Peste suina, avanti con gli abbattimenti







