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La vicenda di un libretto di assegni, del quale aveva denunciato lo smarrimento, è costato una condanna a tre anni di reclusione al presidente del movimento indipendentista Meris Salvatore "Doddore" Meloni e alla figlia Francesca.
I fatti si riferiscono ad una attività commerciale che Meloni gestiva assieme alla figlia e vedevano nel ruolo della parte offesa un commerciante di Santa Giusta, deceduto lo scorso anno.
La sentenza pronunciata dal giudice monocratico Francesco Mameli ha accolto in pieno la richiesta di condanna formulata dal pubblico ministero Paolo De Falco respingendo, invece, la tesi della difesa, sostenuta dall'avvocato Cristina Puddu, che aveva sottolineato l'assoluta mancanza da parte di Meloni e della figlia della volontà e della consapevolezza di accusare un innocente.
La risposta di Meloni alla nuova condanna è arrivata a poche ore dalla sentenza. "E' solo l'ultimo esempio della manifesta ostilità politica dei giudici oristanesi nei miei confronti, da loro non mi aspetto assoluzioni ma solo condanne, ma non accetto che per colpire me sperando di farmi arrendere condannino anche le mie figlie".
"Non è un caso – ha scritto ancora Meloni – che la condanna arrivi il giorno dopo del 155/o anniversario della nascita dell'Italia, ma io non mollo e non mollerò e continuerò a difendermi anche davanti ai Tribunali internazionali e quando sarà il momento di andare in carcere ci andrò, ma di sicuro non starò zitto e non smetterò di combattere per l'indipendenza".