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Un marocchino con simpatie fondamentaliste, di 38 anni, A.A., è stato espulso dal territorio nazionale e accompagnato alla frontiera per il rimpatrio subito dopo la scarcerazione dalla Casa circondariale di Massama (Oristano), dove era arrivato nel gennaio 2015 per finire di scontare la condanna a 15 anni di carcere per un omicidio commesso a Brescia.
La buona condotta nel carcere di Massama gli era valsa l'affidamento in prova ai Servizi sociali nella comunità Il Samaritano di Arborea dove, però, aveva violato ripetutamente le prescrizioni della sentenza accompagnandosi con pregiudicati e facendosi sorprendere senza patente alla guida di veicoli. A quel punto era stato riassociato alla Casa circondariale dove in breve tempo era diventato una sorta di guida spirituale nella preghiera dei detenuti musulmani. Fra i suoi adepti anche il detenuto pakistano espulso il 15 marzo scorso. Secondo gli accertamenti della Polizia di Stato che hanno fatto scattare il decreto prefettizio di espulsione dal territorio nazionale, l'uomo in carcere aveva manifestato in diverse occasioni adesione alla ideologia jihadista e proferito generiche frasi di minaccia contro i cittadini italiani, e aveva cambiato anche il suo aspetto fisico facendosi crescere la barba e procurandosi una cicatrice frontale, nota tra i salafiti come "zabiba", a causa di rituali di preghiera.