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Il procuratore aggiunto di Brescia, Fabio Salamone, ha aperto una inchiesta sul traffico di bombe con l’Arabia Saudita, denunciato fotograficamente il 29 ottobre 2015 dal senatore del M5S Roberto Cotti, il quale aveva ripreso l’imbarco degli ordigni esplosivi dall’aeroporto civile di Cagliari-Elmas. A seguito di tali fatti la Rete delle organizzazioni pacifiste, nel gennaio del 2016, avevano presentato circostanziati esposti in diverse Procure italiane, Cagliari compresa. Come riporta il settimanale Panorama oggi in edicola, dandone notizia, la Procura di Brescia ha aperto un fascicolo lo scorso giugno (attualmente contro ignoti), quando ha anche sentito il senatore cinquestelle Roberto Cotti, in qualità di persona informata sui fatti. La Procura ipotizza il reato di violazione della legge n. 185/1990, che vieta le esportazioni italiane di armi verso Paesi belligeranti o che violano i diritti umani. L’Arabia Saudita guida infatti una coalizione di paesi in un conflitto armato in Yemen, non autorizzato dall’Onu, che ha già comportato circa 10mila vittime, di cui oltre 6mila civili, con decine di migliaia di feriti e la distruzione di ospedali, scuole e strutture di assistenza, non escluse, più di recente, alcune fabbriche italiane.
Sulla questione, come riporta Panorama, “prima dell’avvio dell’indagine, sono state presentate anche cinque interrogazioni parlamentari al ministero della Difesa, tutte rimaste senza risposta: il pm Salamone ha già ordinato l’acquisizione di tutta la documentazione utile presso la sede dell’azienda produttrice delle bombe, la Rwm Italia di Ghedi (Brescia), filiale del colosso tedesco Rheinmetall, che ha uno stabilimento a Domusnovas (in provincia di Carbonia-Iglesias) in Sardegna”.
Il procuratore aggiunto di Brescia ha informato dell’indagine i ministeri degli Esteri e della Difesa ma al momento nessun rappresentante del Governo ha ritenuto di doversi presentare spontaneamente negli uffici giudiziari. Secondo la Procura, alcune fotografie documenterebbero come le bombe utilizzate nei bombardamenti in Yemen, dove il conflitto ha causato migliaia di morti, di cui almeno 400 bambini, facciano parte dello stock di ordigni prodotti a Domusnovas e da lì inviati all’Arabia Saudita.
Le indagini non si sono limitate allo studio delle carte e all’esame delle dichiarazioni finora raccolte, ma hanno visto l’effettuazione di passi concreti per l’acquisizione di documenti ufficiali del Governo tedesco (la fabbrica italiana della Rwm, a Domusnovas, fa capo ad una multinazionale tedesca), dimostranti la piena responsabilità italiana su gran parte delle forniture dirette tra Sardegna e Riad.
La notizia solleverà sicuramente diversi interrogativi sul comportamento finora tenuto dai ministri della Difesa e degli Affari esteri. Infatti, proprio il 3 e 4 ottobre scorsi la ministro della Difesa Roberta Pinotti si è recata in Arabia Saudita, a Riad, accompagnata dal generale Carlo Magrassi (segretario generale e direttore nazionale degli armamenti della Difesa), per incontrare il vice erede al Trono e ministro della Difesa, Muhammad Bin Salman. All’incontro hanno partecipato anche l’assistente segretario per la Difesa dell’Arabia, Mohammed Ayesh, il capo di Stato maggiore, Abdulrahman al Banyan e Fahd al’Aysa, consulente reale della Difesa (e altri funzionari del ministero). Secondo le cronache locali, nel corso dei colloqui sono state discusse le strategie per rafforzare le relazioni bilaterali tra Italia e Arabia Saudita nel settore della difesa. In particolare, per quanto riporta il sito Tactical Report – vi sarebbero stati “contratti navali che, trattandosi di ministri della Difesa, è da ritenere siano di tipo militare”.
Tutto questo appena qualche giorno fa, in un paese impegnato in un conflitto bellico che sta facendo strage di civili in Yemen, un conflitto non autorizzato dall’Onu che fa largo uso di armamenti prodotti in Italia, su cui il Governo italiano ha dato il benestare per l’export. Un Paese, l’Arabia Saudita, sotto accusa per gravi violazione del diritto umanitario internazionale, che continua ad ostacolare ogni tentativo di indagare in modo imparziale e obiettivo sui crimini di guerra commessi in Yemen. Una monarchia responsabile di gravi e reiterate violazioni dei diritti umani, come denunciano da anni le principali e riconosciute organizzazioni non governative, le quali hanno documentato la costante pratica delle punizioni corporali, della tortura e della pena di morte, anche per reati minori, inflitta con la decapitazione pubblica.