referendum-non-tutti-i-no-sono-uguali
La senatrice Anna Finocchiaro del Pd ha candidamente ammesso la verità sul referendum costituzionale. In una trasmissione televisiva ha dichiarato quanto segue: «ma vi pare che per fare un oleodotto o un gasdotto si debba passare per autorizzazioni regionali?». Ora facciamo un gioco, cancelliamo i lemmi “gasdotto” e “oleodotto” e mettiamoci tutto ciò che ci può venire in mente, come per esempio “deposito unico delle scorie nucleari”, “inceneritori”, “discariche” e chi più ne ha più ne metta.
 
Si, perché, con la cosiddetta “clausula di supremazia”, l’ultima parola su tutto tocca a Roma. Certo, per ora le regioni a Statuto Speciale non sono toccate, ma è solo una questione di tempo: il processo neocentralista e autoritario ha imboccato la sua strada. Con la scusa che il Senato sarà composto da sindaci e consiglieri regionali, tutto sarà deciso al centro. Se a questo aggiungiamo che nel nuovo testo Ccstituzionale le firme per i referendum passeranno da 5000mila a 800mila e quelle per una legge di iniziativa popolare da 50 mila a 150 mila, il quadretto ci appare completo! Al di là della coltre complottista è del tutto evidente che sono in corso grandi manovre per concentrare il potere sempre più al vertice e per avere mano libera in materia economica, di politiche energetiche e sociali.
 
Detto questo non tutti i NO sono buoni. Mi è capitato di leggere diverse posizione concentrate sulla bontà della “costituzione più bella del mondo” e sono stato addirittura aggiunto – a mia insaputa – a gruppi facebook che proclamavano, a tricolori spianati, “l’amore verso il nostro patto costituzionale”.
 
C’è da dissociarsi perché la Costituzione italiana ha moltssimi limiti e credo che in Sardegna il dibattito su una sua riforma radicale dovrebbe non essere rifutato acriticamente e a priori. In particolare i sardi avrebbero il diritto e il dovere di esigere che venga rivisto l’articolo 5 contrario a tutta la legislazione internazionale sul diritto all’autodeterminazione e contrario anche al buon senso della storia. Dovremo batterci perché i sardi abbiano la possibilità di esercitare tale fondamentale diritto democratico e perché nello statuto autonomistico venga inserita sia la questione linguistica – oggi del tutto assente  – sia il riconoscimento della nazionalità e della cittadinanza sarda. 
 
Il 4 dicembre bisogna certamente votare NO, ma bisogna anche dissociarsi dal fronte del NO di marca italiana perché ispirato dagli stessi disvalori centralisti e antidemocratici del fronte del SI, vale a dire nutrito da una visione che nega al popolo sardo non solo l’esercizio dei suoi diritti fondamentali, ma anche e soprattutto l’esistenza stessa. 
Alcuni NO fanno crescere la consapevolezza di essere un popolo portatore di diritti e aprono la strada a molte battaglie future, altri assomigliano troppo ai SI ed è meglio fare chiarezza!