Più del 72% dei sardi hanno respinto ai mittenti, cioè a Renzi e al PD, la proposta di riforma costituzionale. In nessuna altra regione dello Stato italiano la vittoria del NO ha avuto una tale portata.
I cittadini sardi hanno bocciato nel merito una riforma che avrebbe compresso notevolmente gli spazi di autonomia della Sardegna. Appare chiara la crescita di consapevolezza, nella popolazione, rispetto alla necessità di assumere sulle proprie spalle la responsabilità del futuro della Sardegna.
Non basta raccontare favole o firmare patti e pattini quando la crisi è strutturale, cresce la povertà assoluta e i ceti medi vengono trascinati verso l'indigenza. Non basta più.
Sarà necessario analizzare bene i dati per avere indicazioni su quali dinamiche si siano messe in moto ma già l'analisi del voto per fasce d'età (il Sì prevale solo nella fascia oltre i 54 anni) induce a considerare che il Sì è stato sostanzialmente un voto conservatore perché di fatto conservatrice era la riforma. Una riforma che abbassava notevolmente il tasso di democraticità delle istituzioni, fenomeno normalmente collegato – nelle democrazie occidentali – a dinamiche di crescita delle disuguaglianze, di indebolimento del welfare e di peggioramento complessivo del sistema dei diritti della persona.
Pigliaru, Soru e tutto il PD-Sardegna (con poche ma significative eccezioni) hanno sostenuto – con toni e modi spesso inadatti ai ruoli istituzionali ricoperti – la causa sbagliata, quella di una riforma che, se fosse passata, avrebbe posto le basi per la scomparsa della specialità. E' un fatto grave che dà la misura di quanto Francesco Pigliaru sia inadatto a ricoprire il ruolo di Presidente della Regione e di quanto consiglieri regionali e parlamentari del PD- Sardegna non vedano affatto lo sviluppo dell'autonomia speciale lungo le coordinate dell'autodeterminazione e dei valori progressisti.
Ieri i sardi hanno fatto prevalere un principio (uno di quei principi che Soru, solo pochi giorni fa per sostenere il sì, stigmatizzava in un video come forieri di guerre e disgrazie) ed è un principio di libertà e di responsabilità nello stesso tempo: il futuro della Sardegna dipenderà dalla capacità che avremo di progettarlo e realizzarlo collettivamente, consapevoli di quello che vorremmo essere, costruendo relazioni e riducendo le dipendenze nell'alveo di istituzioni sempre più democratiche.
Marco Murgia
RossoMori






