carbonia-il-suicidio-politico-della-sinistra
Quando mai, nella sua storia, la sinistra ha avuto evidenti difficoltà nel raccogliere le firme per presentare una qualsiasi lista elettorale a Carbonia? Ma soprattutto, nel reperire candidati disposti a mettere in gioco la propria faccia, come alle ultime elezioni comunali?
Sarà il cambiamento dei tempi, ma non si era mai manifestata prima una condizione del genere nella oramai ex storica roccaforte rossa, città operaia di fondazione, dove un tempo sorgeva una delle federazioni del Partito Comunista più consistenti, in proporzione, d'Italia. 
 
A prescindere dall'odierna vicenda sull'indagine inerente le presunte firme false, copiate o imprecise (chiunque abbia lavorato alla realizzazione di una lista alle elezioni sa che l'errore è fisiologico e dietro l'angolo) per la quale la magistratura farà il suo corso e riconoscendo pienamente la presunzione d'innocenza fino a prova contraria per gli indagati, tutti degni di fiducia e rispetto in quanto persone ampiamente riconosciute perbene, cosa resta oggi di quell'armata capace di occupare  pressoché militarmente ogni ganglio vitale della comunità, rappresentandone le istanze, i bisogni e le speranze?
 
Veramente poco. Lo scrivo da osservatore esterno disinteressato e da persona che fin da “giovane ragazzo” non ha mai amato conformarsi alla scontata, quasi automatica, adesione che in città l'assoluta maggioranza delle persone compiva verso coloro (gli uomini e le donne della sinistra) che determinavano ogni minimo processo economico, lavorativo e di conseguenza sociale.
 
Difatti, non c'è quasi più traccia della sinistra nel mondo del lavoro, suo storico alveo d'appartenenza. E non è nemmeno un segreto che tra i lavoratori e trasversalmente nel sindacato, le simpatie politiche vanno per la maggiore al M5S e alle altre formazioni politiche cosiddette di anti-sistema. Ma l'aspetto più significativo, è che non si respira più aria di sinistra tra i poveri, quelli maggiormente bisognosi di opportunità e uguaglianza. Quelli che storicamente vedevano nella sinistra uno strumento di rivendicazione e di elevazione delle proprie aspirazioni sociali e umane.
 
Non a caso la domanda che molti da tempo e da più parti si pongono é: “se la sinistra non rappresenta i più poveri, i diseredati e i bisognosi, può ancora definirsi sinistra? Ma soprattutto: chi rappresenta?
 
Certo, la questione è molto più complessa e globale: oggi il compito di chiunque governi in ambito nazionale (e quindi anche la sinistra) non può solo limitarsi alle politiche di ridistribuzione del reddito se non come compimento di un processo che prima ponga le basi per rendere competitivo il Paese, -scoraggiando il depauperamento del sistema produttivo e rispondendo alle sfide del mercato libero- e permetta la crescita economica e quindi la creazione della ricchezza che poi si intende ridistribuire.
 
Ma in ambito locale? Di sicuro la sinistra (definita volutamente nell'accezione ampia) dovrebbe riscoprire la sua storica vocazione di guida e rappresentanza delle battaglie per il lavoro in ogni ambito esse siano necessarie e si manifestino. Sono molte le migliaia di disoccupati e lavoratori che non si sentono per nulla rappresentati, ma ne avrebbero grande bisogno. La battaglia principe per salvare la città di Carbonia e quindi il territorio, e forse quella per ricostruire una sinistra degna di tale nome, è proprio quella per il Lavoro in ogni sua declinazione. Forse l'unico obbiettivo in grado di abbattere i muri e far convergere istanze e sensibilità spesso differenti tra loro, e quindi di tracciare una prospettiva per tutti indistintamente.
 
Nel frattempo però, vista la debacle elettorale di Giugno a Carbonia come nei comuni di Gonnesa e San Giovanni Suergiu, non sarebbe male un segnale di discontinuità dando spazio a nuove energie all'interno e alla guida dei gruppi dirigenti locali. Temo che il temporeggiare in tal senso unito all'immobilità sulle altre questioni sopramenzionate, non faccia altro che peggiorare l'agonia…