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Il presidente e il direttore di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu e Luca Saba, hanno inviato una lettera al presidente della Regione Francesco Pigliaru e ai prefetti per denunciare "il clima drammatico che si vive negli ovili sardi con il latte pagato dai trasformatori sotto i 60 centesimi. Situazione creata a causa proprio dei trasformatori che per circa un anno, hanno parlato di sovrapproduzione di latte, rivelatasi alla fine falsa, come Coldiretti in solitaria diceva da tempo".

"In questo momento, purtroppo, non c'è più tempo per cercare responsabili, e ci sarà modo di riprendere il discorso in futuro – prosegue Coldiretti in una nota – ma si chiedono al Presidente interventi immediati e concreti di sostegno diretto al reddito dei pastori e lo sblocco dei fondi del Psr, che consentano proprio ai produttori (gli unici senza colpa sui quali come sempre vengono fatte ricadere le inefficienze degli altri) di colmare le perdite dovute ad un prezzo del latte a cifre vergognose".

"La Regione deve garantire la sopravvivenza dei pastori", sottolineano Cualbu e Saba che nella lettera a Pigliaru denunciano che "la situazione del settore ovicaprino è oggi arrivata allo stallo. E' ormai da un anno che abbiamo lanciato l'allarme sul pesante momento speculativo che si stava perpetrando alle spalle dei produttori di latte dell'isola. In quel momento abbiamo denunciato il fatto che ad un normale riallineamento della domanda all'offerta, si affiancavano voci ripetute ed ingiustificate di abnormi possibili produzioni di latte per via di una stagione invernale mite, tali da ipotizzare oltre 100 milioni di litri di latte ovino in più. Tali dichiarazioni, che noi da soli, solo con il conforto tecnico di una pubblicazione sui mass media del professore Giuseppe Pulina, abbiamo tentato di smentire, si sono poi rivelate una bufala".

Ai 430 milioni di litri di latte che si prevedevano, la realtà dei fatti riporta per il 2016 a una produzione totale di latte lavorato in Sardegna sotto i 290 milioni di litri In quel caso abbiamo denunciato tutto, chiedendo garanzie di trasparenza insieme ai dati produttivi. In quel periodo è iniziato il percorso sull'interprofessione, fatto importante in un momento ancora positivo. Ma da subito abbiamo chiesto garanzie per tutti gli attori della filiera accompagnati da importanti interventi per la filiera: dal prestito di conduzione per evitare le "maledette" caparre, agli interventi di capitalizzazione del sistema cooperativo che, infatti, oggi è quello che soffre maggiormente il momento di crisi, essendo pesantemente sottocapitalizzato. Nel frattempo, mentre la trasformazione non è riuscita a mettersi d'accordo e ad arrestare la caduta del prezzo del Pecorino romano, si è continuato a dare le colpe dell'iperproduzione dello stesso formaggio al troppo latte, anche quando si sapeva che non vi era stata maggiore quantità di latte prodotto. Insomma la trasformazione sarda ha prodotto 356 mila quintali rispetto ai 300 mila del 2015 solo per paura che ci fosse troppo latte. Una paura letta da tutti gli attori del mercato, compresi i grandi compratori americani che quando hanno visto che il settore era in stallo hanno cominciato ad aumentare le pretese di sconto, portando il Pecorino romano a perdere 5 euro al chilo all'ingrosso nell'arco di un anno. Noi siamo certi che un prezzo di 10 euro al chilo fosse difficilmente sostenibile dal mercato ma riteniamo anche che nessun intervento volontario di regolazione della produzione cosi come nessuna prudenza sulla gestione dei dati produttivi abbia portato ad una perdita stimabile per la filiera di circa 150 milioni di euro".