Sala gremita dalla mattina fino a sera all’ex convento del Carmine a Sassari in occasione della giornata dedicata ai “diritti dei sardi nel secolo XXI”.
L’evento di studio è stato organizzato dalle forze che compongono il progetto dell’Alternativa Natzionale che hanno deciso di dedicare la loro seconda uscita pubblica al tema della riscrittura dello Statuto Autonomistico.
Ad avvicendarsi al microfono diversi esponenti del vasto mondo sardista e indipendentista, ad aprire i lavori l’esponente del Fronte Indipendentista Unidu Cristiano Sabino che ha iniziato il suo ragionamento ricordando come dieci anni fa il Consiglio Regionale della Sardegna si fosse trasversalmente impegnato per avviare un percorso di riforma dello Statuto Autonomistico.
«A leggere oggi quelle dichiarazioni – sostiene Sabino – viene da sorridere, perché non si capisce dove sia finita tutta quella grande spinta riformatrice e tutti quegli importanti buoni propositi presi a livello istituzionale dalla massima assemblea dei sardi. In realtà – continua Sabino – sono troppi i punti dello Statuto che non sono mai stati fatti valere, a partire dagli articoli che prevedono la possibilità di programmazione in materia economica e di istruzione, passando per quelli che stabiliscono la competenza di adattare alle proprie esigenze le leggi del Parlamento italiano. Come ha fatto la classe politica italianista a definire se stessa “autonomista” se non ha mai applicato lo Statuto? Ma è pure necessario guardare a quei diritti che nello Statuto non sono presenti come il diritto all’autodeterminazione e i diritti linguistici».
Anche il presidente della Fondazione Sardinia Bore Cubeddu è tornato sugli stessi temi, sottolineando la necessità di aprire un «grande laboratorio di idee capace di attrarre competenze e risorse intellettuali inedite che finora sono rimaste al di fuori dell’indipendentismo. Esistono già diverse proposte di riscrittura dello Statuto – ha aggiunto Cubeddu – ma l’aspetto fondamentale è domandarsi quale idea di Sardegna vogliamo porre a suo fondamento e naturalmente questa, per essere fruttuosa, dovrebbe fare perno sul riconoscimento nazionale del popolo sardo».
Sulla stessa linea Gesuino Muledda dei Rossomori, forza politica che ha recentemente divorziato da la Giunta Pigliaru andando ad ingrossare le fila di chi vorrebbe costruire un largo polo alternativo al duopolio dei partiti italiani.
Fresco dell’esperienza in Giunta, Muledda ha posto anche ulteriori temi di attualità sul piatto della discussione, come l’abbandono delle zone rurali, l’esiguità delle risorse dedicate alla formazione universitaria e la necessità di fare una battaglia comune per cambiare la legge elettorale. «Serve un progetto di governo per avere consenso» – ha concluso Muledda – «perché esiste un sentimento maggioritario nei sardi che ci chiede di costruire una alternativa al governo attuale».
A concludere i lavori della mattinata è stato lo storico leader di Sardigna Natzione che ha insistito a più riprese sull’impossibilità di barattare il valore più grande che abbiamo e cioè il nostro essere popolo. Da questa prospettiva – ha argomentato Cumpostu – «il popolo sardo ha tre vie davanti a sé che condividono il riconoscimento della nazionalità sarda: mettere in discussione la “fusione perfetta” del 1847; avviare un percorso di assemblea nazionale che porti i sardi alla dichiarazione di indipendenza; riconoscere il proprio stato di sudditanza coloniale. Sicuramente» – ha concluso Cumpostu – «l’appartenenza nazionale dei sardi è in tutti e tre i casi un bene irrinunciabile».
Di fallimento dell’autonomia ha invece parlato la segretaria di Sardigna Libera Claudia Zuncheddu: «con lo Statuto Speciale, lo Stato italiano ha dato alla Regione Autonoma (diramazione del suo apparato istituzionale in Sardegna) solo l’illusione di gestire la propria Autonomia. Di fatto è da 70 anni che la RAS gestisce solamente la propria dipendenza.
La riscrittura dello Statuto tuttavia pone diverse riflessioni e perplessità. Se gli Statuti sono accordi politici tra le parti che sanciscono i rapporti di forza e di compromesso creatisi nel tempo, oggi dobbiamo chiederci quale sia il percorso da intraprendere per creare rapporti di forza favorevoli alla nazione sarda e non all’Italia. Quali sono i rapporti di forza in Europa tra gli Stati dominanti e le nazioni senza Stato. Mai quanto oggi il Consiglio della RAS può essere interessato pericolosamente alla riscrittura dello Statuto per distogliere l’attenzione dei sardi dalle sue politiche nefaste (dalla privatizzazione del sistema sanitario pubblico, ai trasporti, al rilancio dell’industria inquinante. La riscrittura dello Statuto non può prescindere dal NO dei sardi alla riforma della Costituzione italiana».
A concludere i lavori è stato Ernesto Batteta di Sardegna Possibile che ha invece lavorato sul concetto di decentramento e di difesa dell’identità dei sardi. L’indipendenza – ha argomentato Batteta – «è un percorso progressivo, possibile solo se inserito in un progetto di sviluppo e certo non come un salto nel buio dall’oggi al domani».