Giovedì 26 ottobre 2017 l’antropologo Israelo-statunitense Jeff Halper sarà a Cagliari per la presentazione del suo ultimo libro La guerra contro il popolo. Israele, i palestinesi e la pacificazione globale(Edizioni Epoké, 2017)
L’appuntamento è per giovedì 26 ottobre:
- alle ore 10:00 presso la Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche, Università degli Studi di Cagliari.
- alle ore 17:30 presso la MEM – Mediateca del Mediterraneo, via Mameli 164, Cagliari.
Partendo dall’analisi del sistema di oppressione, dominio e controllo imposto da Israele ai Palestinesi, l’autore osserva le sue ripercussioni sui meccanismi di dominazione che caratterizzano il sistema-mondo capitalista e descrive come il regime israeliano sia riuscito a “normalizzare” le sue politiche repressive, rendendole non solo accettabili dinnanzi alla comunità internazionale ma addirittura esportandole come un modello di “sicurezza” necessario, in grado di far fronte efficacemente alle nuove sfide della cosiddetta “Guerra al terrorismo”.
La guerra tra il popolo è una guerra contro il popolo e dobbiamo utilizzare questa consapevolezza per mobilitarci contro la pacificazione e il sistema mondo da essa supportato. Dopo tutto, chi vuole essere pacificato?
Il libro di Halper rappresenta un’esplicita denuncia contro la cosiddetta “industria della pacificazione globale” e costituisce una preziosa occasione per riflettere sulla politiche israeliane di sicurezza e sulle loro implicazioni nella nostra vita quotidiana.
“Il contributo israeliano consiste soprattutto nell’offrire un modello efficace di regime di protezione che si appoggia sulla convergenza fra civile e militare; efficace non solo contro le minacce immediate ma anche nella creazione di meccanismi di dominazione di lungo termine”.
Partendo dall’analisi del sistema di oppressione, dominio e controllo imposto da Israele ai Palestinesi, l’autore osserva le sue ripercussioni sui meccanismi di dominazione che caratterizzano il sistema-mondo capitalista e descrive come il regime israeliano sia riuscito a “normalizzare” le sue politiche repressive, rendendole non solo accettabili dinnanzi alla comunità internazionale ma addirittura esportandole come un modello di “sicurezza” necessario.
Un modello che si basa sulla fusione tra sfera civile e sfera militare e che affonda le sue radici nella militarizzazione di ogni aspetto della società. All’interno di questo contesto, tale modello di repressione e dominazione può realizzarsi a livello tecnologico grazie alle ricerche scientifiche (e alle conseguenti applicazioni militari) sviluppate dalle accademie israeliane, il Technion in primis, definito non a caso “un incubatore per il complesso militare-industriale israeliano”, i cui “innovativi” progetti di ricerca forniscono all’esercito israeliano le soluzioni militari più sofisticate e all’avanguardia, la cosiddetta “tecnologia della dominazione”.
A livello internazionale, Israele ha intensificato i legami militari con qualsiasi Paese mediante accordi e collaborazioni militari finalizzate al rafforzamento del suo prestigio internazionale; grazie alla cosiddetta “diplomazia Uzi”, Israele ha potuto accrescere la sua influenza politica attraverso la vendita di sistemi d’armi e di addestramento. Normalizzando e commercializzando di conseguenza il suo modello militarista di controllo “testato sul campo”, ritenuto, dalle classi egemoni e dalle forze dell’ordine di tutto il mondo, potenzialmente in grado di “assicurare l’insicurezza” e di soffocare nel contempo ogni fonte di opposizione, dissenso, resistenza e contro-egemonia.
L’appello della società civile palestinese per l’embargo militare e la non collaborazione con l’industria israeliana delle armi e della tecnologia della repressione tramite campagne di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), anche nei confronti delle istituzioni academiche israeliane, è un mezzo efficace sia per sostenere la lotta dei palestinesi sia per contribuire a fermare lo sviluppo e la diffusione del “modello israeliano”.