“In Italia esiste ormai da tempo una grande questione antropologica, che è soprattutto una grande questione generazionale: mi riferisco ai tanti giovani precari e disoccupati, sulle cui spalle è caduto, non solo il costo della crisi economica scoppiata nel 2008, ma anche il costo iniquo di una politica miope che, nei decenni passati, ha sprecato risorse importanti del Paese perché non ha avuto la lungimiranza di guardare al futuro”.
Lo ha detto il presidente Cei, il card. Gualtiero Bassetti, evidenziando che “mai come oggi serve una politica coraggiosa che scelga come norma di indirizzo l’imperativo del bene comune: quell’imperativo che si prende cura della popolazione, a partire dai poveri e dai giovani, in modo autentico con provvedimenti concreti e non solo a parole. Le parole se le porta via il vento, i provvedimenti concreti sono invece un tentativo realistico per il futuro dell’Italia e dell’Europa”.
Inoltre – ha detto ancora il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti – “occorre mettere a sistema aziende private e pubbliche, snellire procedure e regolamenti e fare degli investimenti mirati nel tempo che possano portare ad assumere i nostri giovani laureati sia in materie scientifiche che umanistiche, operai specializzati e semplice manovalanza”. “Occorre, più di tutti, però, dare a questo Piano di sviluppo per l’Italia un’idea alta e nobile, per il Bene comune del Paese senza ridurlo – ha rilevato il presidente dei vescovi – all’ennesima occasione di ricerca di denaro pubblico. È fondamentale, infatti, investire sulle energie morali del Paese, sui giovani talenti e su tutti quegli uomini e le donne di buona volontà che hanno veramente a cuore l’Italia e che credono che questo Paese possa crescere tutto insieme, senza strappi e senza rincorrere gli egoismi sociali, ma nel nome dei grandi uomini e delle grande donne che hanno fatto l’Italia”. “Il mio sogno – ha concluso Bassetti – è quello di un grande progetto per l’Italia ispirato da quel clima di ricostruzione del Paese che aveva animato i Padri costituenti e tutta quella gente semplice che, dopo la seconda guerra mondiale, o dopo i grandi disastri come l’alluvione del Polesine o il terremoto del Friuli, si è rimboccato le maniche e in silenzio ha ricostruito il Paese casa per casa, strada per strada, scuola per scuola”.