«Siamo in una fase di grande cambiamento, ma ritengo che oggi le regioni che chiedono di utilizzare risorse a proprio uso e consumo, commettano un errore che va contro la filosofia dell’atto costituzionale e i principi di solidarietà nazionale. Sbagliano quelle regioni che chiedono la specialità perché questo riconoscimento nasce storicamente da ragioni ben precise legate a condizioni geografiche e culturali, uniche, non ripetibili e non replicabili, salvo così voler svilire e mortificare il nostro sistema costituzionale».

Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau intervenendo questo pomeriggio al convegno “La specialità nello Statuto della Sardegna: un privilegio da cancellare o un valore da preservare?”, organizzato a Sassari dall’associazione degli ex consiglieri regionali della Sardegna, in collaborazione con il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Sassari.

«Credo sia finita la politica di centralismo spinto che nasceva come esigenza da parte dell’Europa e delle nazioni per governare la finanza e l’economia in un momento di crisi diffusa – ha aggiunto – oggi viviamo una nuova fase che permette l’attuazione di quel titolo V della Costituzione che dopo la sconfitta del referendum costituzionale rimane in piedi e necessita di essere applicato sino in fondo. Sono per il decentramento delle funzioni che tanto sono più vicine e adattate alle esigenze dei territori, tanto più possono essere esercitate in maniera ottimale. Sono per un regionalismo differenziato – ha proseguito – dove possono tranquillamente coesistere le maggiori competenze delle regioni ordinarie e quelle già previste per le regioni a statuto speciale. Il caso della Sardegna è emblematico – ha sottolineato il presidente del Consiglio – anche e soprattutto per la sua condizione di isola che determina il persistere di condizioni di arretratezza. Non posso credere che in questi settantanni si siano avvicendati governi incapaci e si siano attuate politiche inconcludenti, ma credo che dietro questa difficoltà ci sia proprio il nostro essere isola. La richiesta di referendum costituzionale che ho convintamente sottoscritto non è necessariamente lo strumento per ottenere questo riconoscimento, ma credo possa essere lo strumento utile per trovare unità e dare una nuova spinta e una nuova forza di contrattazione al governo regionale. Credo infine che non serva una riscrittura o una revisione del nostro Statuto – ha concluso il presidente del Consiglio – penso piuttosto che serva un rilancio della battaglia per la sua piena applicazione e per un’applicazione delle norme che in esso sono contenute. Non è un caso che la Sardegna ad oggi abbia registrato soltanto dodici norme di attuazione, contro le settantadue del Trentino Alto Adige. Bisogna esercitare al meglio le funzioni già contenute nello Statuto, credo ci siano tutte le condizioni per farlo in maniera eccellente, qualificata e spendibile».