Tra i 18 arresti operati dalla Digos di Sassari il 24 aprile 2015 figurava un “personaggio – lo definì l’allora procuratore della Dda Sarda Mauro Mura – di spiccato spessore criminale”, Muhammad Hafiz Zulkifal, l’imam della comunità pakistana arrestato dalla polizia sassarese nell’operazione antiterrorismo che operava tra Bergamo e Brescia.
Un “uomo votato alla propaganda radicale e alla ricerca di fedeli anche pronti al martirio”. Zulkifal che si definì “radicale ma non terrorista” operava in stretto contatto con il capo spirituale della comunità pakistana di Olbia, Sultan Wali Khan, che gestiva alcuni negozi di bigiotteria a Olbia e a Roma, è ritenuto il vertice della sede operativa sarda della cellula terroristica, “dove si progettavano glia attentati e dove ‘rientravano’ i terroristi dopo le loro missioni in Pakistan”.
Muhammad Hafiz Zulkifal a sua difesa asserì di essere “vittima di equivoci ed errori di traduzione”. La difficoltà maggiore dell’indagine infatti stata “quella di trovare traduttori capaci di interpretare la lingua, soprattutto quando i terroristi venivano sollecitati a parlare la lingua pashtu, di difficile comprensione.
I soldi che procacciava la cellula sarda servivano per acquistare armi, esplosivi e zainetti per i kamikaze. E’ emerso, ma non è stato provato, che l’organizzazione per finanziarsi aveva stretti legami con bande di narcotrafficanti. Gli inquirenti hanno definito un vero e proprio fiume di denaro che veniva raccolto in Italia per essere poi usato a scopi terroristici.
Insieme ai tre pakistani scarcerati ieri dal carcere di Sassari-Bancali la Dda ha “ritenuto cessate le esigenze cautelari di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria” per altri tre pakistani implicati nel processo contro 18 di loro di varie nazionalità che si sta celebrando a Sassari.
Terrorismo, Sassari: scarcerati tre presunti affiliati Al Qaeda della cellula di Olbia