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“Dopo un risultato come questo, davanti a un partito che dimezza i voti dalle ultime elezioni, fa parte della vita stessa della politica rassegnare le dimissioni. Magari quando si presentano non si cerca di imporre una linea politica per il futuro. Ci si dimette e basta. E toccherà a qualche altro”. Lo ha detto l’europarlamentare ed ex governatore sardo, Renato Soru, in merito all’annunciato passo indietro di Matteo Renzi da segretario dei democratici.

“Poi non ho trovato molto giusto tirare in ballo il presidente della Repubblica perché non si è votato l’anno precedente. Non credo neppure che sarebbe cambiato molto”, ha concluso Soru.

“Non siamo stati sufficientemente vicini ai cittadini, a quelli che la crisi l’hanno subita. Siamo stati visti anche noi quasi come un governo tecnico, che ha fatto le riforme necessarie, con troppe fiducie, e poco ascolto. Come quei medici freddi che non mostrano una particolare vicinanza umana verso i pazienti”. E’ questo, secondo l’europarlamentare del Pd Renato Soru, l’errore che ha commesso il Pd e che ha portato, insieme con i cambiamenti globali e la crisi di fiducia nell’attuale classe politica, alla sconfitta elettorale del centrosinistra alle politiche. Secondo l’ex governatore sardo, bisogna ripartire proprio dall’ascolto e “continuare a sforzarsi per capire come interpretare il mondo di oggi, scosso da una crisi economica e da tanti altri fattori come il fenomeno dell’immigrazione”. La crisi, “nata nel 2008 quando al governo c’era la destra che ha fatto l’errore storico di non vederla”, ha portato, secondo l’ex segretario regionale dem, a “disagi economici, ad ansia e paura per il futuro che hanno bisogno di risposte che noi non stiamo dando”.

Soru ricorda anche che “in questi 5 anni, è stato preso un Paese che aveva perso il 10% del Pil e ne stava perdendo un altro 2% all’anno”, mentre “ora riconsegniamo un Paese che negli ultimi anni ha ripreso a crescere del 2% per anno”. Però anche quando quelle riforme “necessarie” sono state fatte si sono create “incongruenze”. Così “quanto di buono c’era nella legge Fornero è stato oscurato dalla giusta rabbia degli esodati, lasciati soli a se stessi”, la legge sulla scuola “ha portato disagi ad alcuni docenti che hanno ottenuto le cattedre” e poi il Jobs act, “per il quale non bisognava andare oltre la mediazione raggiunta in direzione”.