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Un tetto massimo di accantonamenti da inserire nello Statuto speciale, escludendo nello stesso tempo la possibilità da parte dello Stato di imporre ulteriori contributi al risanamento della finanza pubblica. E’ l’unica strada, secondo il presidente della commissione Bilancio, Franco Sabatini, per venire a capo di una vertenza che dal 2012 al 2017 è costata alla Sardegna circa 3,5 miliardi di euro trattenuti nelle casse dello Stato.

“Obiettivo primario dell’operazione – spiega – è quello di trasferire alla Regione le competenze in materia di finanza locale, in modo da gestire autonomamente e, laddove possibile, eliminare alcuni imposizioni statali al momento insostenibili dagli enti locali sardi”.

In questo modo, aggiunge il consigliere del Pd, “si consentirebbe alla Regione di assicurare certezza sulla quantità e i tempi di erogazione delle risorse, nonché margini di maggiore autonomia nella spendita delle stesse, con conseguente miglioramento nella qualità dei servizi erogati ai cittadini”.

Il modello di riferimento, fa notare Sabatini, “potrebbe essere quello scaturito dall’accordo siglato tra lo Stato e le Province autonome di Trento e Bolzano nel 2014, avvallato successivamente anche dalla Corte costituzionale con la sentenza 154/2017”. In ogni caso, conclude, si tratta di un “percorso obbligato, dato che sarebbe illusorio e irrealistico ipotizzare che il Governo nazionale, di qualunque colore politico esso sia, dinanzi a un debito pubblico record in continua crescita, possa, disporre immediatamente la restituzione alla Sardegna degli accantonamenti trattenuti dal 2012 al 2017”.