Una Sardegna che avanza, ma non a grandi falcate. E che fatica a ritrovare il ritmo pre-crisi. Le piccole e medie imprese sarde, ad esempio, investono di più rispetto al periodo nero. Ma la crescita è frenata rispetto a molte altre regioni del sud Italia. La Puglia, tra il 2015 e il 2016, passa dal 6,6% al 10,4%.

Seguita dalla Basilicata, dal 6,6% al 9,1%. Per la Sardegna il recupero è più contenuto, dal 4,3% al 6,6%. La situazione peggiore se si esamina solo il settore industriale: il calo registrato tra il 2014 e il 2015 non è stato compensato nell’ultimo biennio considerato, dal 4,0% al 4,4%. Piccoli passi, ma senza rischi: la Sardegna, tra le regioni meridionali, è quella con la quota più alta di Pmi sicure, cioè a minor pericolo insolvenza.

È il quadro che emerge dalla quarta edizione del Rapporto Pmi Mezzogiorno, curato da Confindustria e Cerved, con la collaborazione di Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Il dossier fa il punto sulle caratteristiche e sull’andamento di un campione di Pmi di capitali tra 10 e 250 addetti, rappresentativo del tessuto imprenditoriale meridionale. Per l’isola luci e ombre. Segnali positivi arrivano nelle nascite di imprese di capitali. Un trend favorito dall’introduzione delle Srl semplificate, la forma giuridica che consente la costituzione di nuove società con oneri ridotti.

La Sardegna ha registrato un aumento del 7,6%. L’isola, però, insieme a Calabria, Molise, Sicilia e Abruzzo è nel gruppetto di regioni in cui il fatturato rimane al di sotto dei livelli pre-crisi. Così così il costo del lavoro per unità di prodotto (Clup), importante indicatore per misurare la competitività delle imprese. Tra il 2015 e il 2016 il costo del lavoro nelle Pmi meridionali è cresciuto più del valore aggiunto, portando il Clup da 68,2% a 69,1%, con valori particolarmente elevati in Sardegna (74,6%) e Molise (73,3%).