La società l’ha scoperta e l’ha usata. La società l’ha poi condannata, tacciandola di essere una delle tante rovine del mondo, ma continuando a consumarla, di ‘nascosto’. Ora la società stessa la reclama a gran voce, smontando, pezzo per pezzo, parte di quella gabbia fatta di tabù nella quale continuava a vivere, sopravvivendo. È l’eterno dilemma, che perseguita giovani e meno giovani da decenni ormai: droghe leggere sì o droghe leggere no? Beh, se il ‘mercato nero’ aveva dato una risposta affermativa, anche se ufficiosa, l’esplosione, improvvisa e inattesa almeno quanto gradita, di negozi specializzati nella vendita di prodotti a base di canapa, ha scritto un bel SÌ maiuscolo nella storia della cannabis.
La prima rivendita sui generis comparve a Milano, quasi un anno fa. Nel giro di pochi mesi il fenomeno contagiò il resto del Nord Italia, per poi diffondersi anche al Centro e al Sud. Ed è proprio nel capoluogo lombardo che a Silvia Coni, 21enne cagliaritana e a William Pisano, venne l’idea di far conoscere anche nell’Isola questo nuovo modo di approcciarsi a quella che sino a ieri era conosciuta come la ‘pianta del peccato’ e che oggi potrebbe diventare la ‘pianta del benessere’. Benessere sì, perché la cannabis light, con un contenuto di THC (un allucinogeno che provoca effetti di alterazione mentale come euforia, scoordinazione dei movimenti e riflessi rallentati) molto basso, che non produce quindi un effetto drogante, è invece ricchissima di CBD, principio efficace contro mal di testa, dolori mestruali e articolari, ansia, stress, insonnia, depressione, nausea e disturbi intestinali. Ha inoltre un effetto antiossidante utile per chi soffre di malattie degenerative.
La scelta dei prodotti è varia e non si limita certo all’erba da fumare. Nel CBD shop di via Bosco Cappuccio si trovano infatti tisane, cantuccini, strozzapreti, birra, vino bianco, saponi per il corpo e profumatori. Tutto rigorosamente all’olio essenziale di canapa sativa. Non solo: si tratta, specifica la ragazza, “di cannabis completamente biologica e coltivata interamente in Italia”. Insomma, un modo tutto nuovo di utilizzare questo vegetale in maniera salutare, migliorando anche il nostro stile di vita e, perché no, investendo su un lavoro interamente Verde Bianco Rosso dalla produzione alla vendita.
“Abbiamo aperto di recente la nostra attività, ma abbiamo notato subito uno scarso interesse circa il servizio che forniamo”, ci racconta Silvia. Si potrebbe pensare che le difficoltà sarebbero potute derivare dal fatto che proprio una giovane donna avesse deciso di cimentarsi in un territorio così inesplorato e, forse, poco adatto a una società conservatrice e un po’ misogina come la nostra, invece il problema che si è palesato davanti agli occhi di questa giovane imprenditrice è stato un altro. “C’è poca informazione a riguardo e, per il momento, non abbiamo avuto un riscontro molto positivo sulla quantità di clientela rispetto alle nostre aspettative iniziali, ma è emerso un altro dato importante e va sottolineato, ossia che la fascia di età coinvolta è risultata più ampia di quanto avevamo previsto, perché parte dai 25 anni circa, per arrivare finanche ai 60 anni”. Poca pubblicità quindi, da parte dei mass media e non solo, nei confronti di quella che potrebbe essere la rivoluzione del secolo e che potrebbe portare ad un cambiamento radicale della concezione della canapa, non più vista quindi come ‘droga leggera’ bensì come ‘rimedio naturale contro diversi disturbi’. Ma qual è il motivo di questo disinteresse e di questa disinformazione dilagante? Forse la causa va ricercata nel falso perbenismo, magari in parte religioso, che caratterizza la nostra società da millenni ormai, purtroppo o per fortuna, perchè si sa, se da una parte siamo i ‘moralisti per eccellenza di tutto l’Occidente’, dall’altra è anche vero che quando l’italiano (e il sardo soprattutto) si mette in testa una cosa, non si dà per vinto finché non la ottiene e sempre più persone chiedono a gran voce questo rinnovamento, impossibile ormai da fermare.