Una fiaccolata in ricordo di Marco e per protesta contro una sentenza ritenuta ingiusta. Ieri sera a Cagliari, come in tante città d’Italia si è svolta una fiaccolata per Marco Vannini, il 21enne morto nel maggio 2015 per il colpo di pistola sparato incidentalmente dal padre della fidanzata, all’interno della loro casa di famiglia di Ladispoli.
L’iniziativa si è scolta contemporaneamente ad Arezzo, Bologna, Cagliari, Pavia, Milano, Olbia, Reggio Calabria, Roma, Sanremo e Tor San Lorenzo.
La manifestazione organizzata nasce dall’incontro di molte persone sui social network, riunitesi sotto l’hashtag #noninmionome.
La Corte d’Assise di Roma lo scorso 18 aprile ha condannato Antonio Ciontoli, maresciallo della Marina in servizio al Rud, il raggruppamento unità difesa dei servizi segreti, a 14 anni di pena per omicidio volontario con il dolo eventuale. Tre anni per la moglie Maria Pezzillo, e per i due figli, Federico e Martina, quest’ultima fidanzata della vittima: per loro, però, i giudici hanno derubricato l’accusa in omicidio colposo.
Secondo il pm Alessandra D’Amore, invece, Vannini era stato colpito incidentalmente da Antonio Ciontoli. Questi, poi, insieme alla moglie e ai due figli, aveva ritardato nel chiamare i soccorsi, facendo passare più di un’ora prima di riferire del ferimento di arma da fuoco, facendo di fatto perdere tempo ai medici che, se intervenuti tempestivamente, avrebbero salvato la vita del giovane. E a portare avanti questa linea d’omertà si sarebbero prestati tutti: annullando la prima richiesta di intervento al 118 e riportando ai soccorsi la tesi che Vannini si era ferito con la punta di un pettine, quando invece lo stesso “emetteva fortissime grida di dolore”.