Nei prossimi giorni il Consiglio regionale discuterà in aula la proposta di legge recentemente approvata in commissione cultura (primo firmatario Paolo Zedda). Renato Soru in un video ha spiegato, a suo parere, qual è l’importanza del provvedimento che si cercherà di far passare.
“Sarà l’occasione – scrive – per fare un passo indietro rispetto alla politica linguistica, avviata nel 2006 con il lavoro di una commissione formata dai massimi esperti e studiosi di Lingua Sarda. Quel lavoro, approvato all’unanimità, portò al riconoscimento che la Lingua Sarda è una sola, pur con l’importante presenza di diverse parlate locali. Sulla base di questa conclusione venne formulata una proposta di uno standard unico per la forma scritta. La Giunta regionale nel 2006 ha adottato a titolo sperimentale questo standard e ne ha promosso l’utilizzo in vari modi. È nata così la Limba Sarda Comuna, che ha finalmente portato al riconoscimento di uno standard unico di scrittura senza interferire In alcun modo sull’uso delle diverse parlate locali. Ora possiamo fare un passo avanti riconoscendo per legge una Lingua Sarda, togliendo la parola comuna allo standard in sperimentazione, o tornare a due standard (logudorese e campidanese) che poi certamente diventerebbero molti standard, uno per ogni parlata locale”.
“È una decisione politica ancor prima che linguistica” spiega ancora Soru. “Possiamo dare un riscontro all’affermazione dello Statuto Sardo, quando riconosce l’esistenza di un Popolo Sardo, affiancando finalmente il riconoscimento di una Lingua Sarda.
O vogliamo continuare a considerarci diversi, divisi, incapaci di unità tra di noi?
Il mio auspicio è naturalmente che dal consiglio emerga chiara l’affermazione che la Sardegna ha una sua lingua, anche se questa viene poi articolata in diverse parlate locali”.
“I primi a doverci riconoscere come minoranza linguistica – conclude – con tutti gli effetti positivi che ne derivano dalle norme europee e nazionali, siamo noi stessi. Se non lo faremo noi, da oggi, non potremo mai aspettarci che lo facciano gli altri”.