“Inizia l’estate e con essa una massificazione del turismo isolano concentrato in soli pochi mesi dell’anno, tipico del sistema coloniale. Quando si parla di occupazione militare del territorio sardo non sono tanto i numeri a spaventarci ma le testimonianze di chi ormai da decenni subisce la sottrazione delle terre e con essa le esercitazioni perpetrate da oltre 50 anni. Se non bastassero le parole e i racconti struggenti di chi ha perso familiari e lotta ancora oggi con un male apparentemente indistruttibile e sovrano, in nostro soccorso, come prove concrete, ci sono le immagini”, è la denuncia pubblicata dal comitato antimilitarista ‘A Foras – Contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna’ sulla propria pagina Facebook circa il rinvenimento, sulla spiaggia di Cala Zafferano, nel Sulcis, residui bellici, missili esplosi e numerosi proiettili.

“Fotografie scattate in uno dei posti più incantevoli di tutta la costa sarda ma con una nota stonata: residui di esercitazioni militari che non hanno più quel fantomatico velo misterioso di cui tutti parlano e, come segni tangibili di un occupazione che dura decenni, vediamo per giunta residui corrosi dalla ruggine che chissà da quanto tempo stanno là e che ripercussioni hanno ed avranno sull’ambiente e sulla salute dell’uomo – e prosegue la nota – siamo nell’estremo sud della Sardegna, una terra pressoché disabitata, perfetta da occupare per l’esercito italiano e americano, che dal dopoguerra ad oggi convive con degli ospiti non graditi. Ospiti che per giunta ammettono la ‘non bonificabilità della zona Delta’ del poligono di Teulada ovvero l’interdizione della zona a chiunque, compresi i militari stessi”.

“Un reportage crudo e reale quello di un fotografo sardo, Nonnoi per Repubblica.it, che anche se datato 2014 ci rimanda subito all’indecente ‘accordo truffa’ siglato come regalo di fine anno 2017 tra Difesa e Regione dove, ancora una volta, veniamo presi in giro quando si parla di apertura delle spiagge come contentino quando invece sarebbero da chiudere immediatamente, evacuare le zone circostanti, renderla zona ad alto rischio, effettuare le analisi adeguate, successivamente procedere alle bonifiche, ai risarcimenti e infine la restituzione alle comunità locali – e conclude – per questo e per innumerevoli abusi e ingiustizie subite dal popolo sardo lottiamo e continueremo a farlo affinché, come ricorda sempre il Kumone Otzastra Sarrabus e che sia di buon auspicio, noi vedremo le nostre terre libere”.