Il porto canale di Cagliari cola a picco: perso in tre anni il 72% del traffico merci. A rischio ci sono 220 lavoratori e un indotto di altri 300 operatori. È la denuncia di Uiltrasporti sullo stato di salute dello scalo di Macchiareddu: il sindacato chiede l’apertura immediata di un tavolo di crisi e un intervento del ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

Se nel 2015 il porto canale del capoluogo – questo il contenuto del dossier – ha movimentato 686.000teu, nel 2017 si è registrata una flessione a 420.000 e le previsioni per l’anno in corso si attestano a soli 190.000teu: -55% in un anno. “Lo scenario del terminal di Cagliari non può avere una vita lunga – spiega il segretario generale della Uiltrasporti Sardegna William Zonca – Sicuramente paghiamo 3 anni e mezzo di commissariamento del porto dovuto all’immobilismo della Regione che non riusciva a designare il possibile presidente dell’Autorità portuale. Oggi, a distanza di oltre un anno dalla nomina, non riscontriamo ancora iniziative che riescano a mutare l’attuale situazione, che è sempre più preoccupante”.

La concorrenza? Il dossier della Uiltrasporti evidenzia come a Cagliari i costi di pilotaggio e per i rimorchiatori, a parità di tariffe (stabilite a livello nazionale), siano superiori a Gioia Tauro. Quanto alla distanza dalle grandi rotte di navigazione, lo studio del sindacato rileva come la posizione di Cagliari sia molto più centrale rispetto a di Gioia Tauro. Quale futuro per il porto canale e suoi 600 lavoratori? Se lo chiede anche la Fit-Cisl, che ha già inviato una richiesta di incontro urgente al terminalista.

“A nostro avviso – spiega la sigla – Cagliari ha l’impellente necessità di essere un porto veloce se vuole battere la concorrenza. Le merci viaggiano fra Tangeri e Port Said, attracchi più vantaggiosi per spostare tutto quello che si produce e si consuma nei cinque continenti e che ormai neanche sfiorano più il nostro porto sulla rotta che da Gibilterra scende al Canale di Suez. Un porto diventato una rada sempre più deserta – denuncia la Fit – lontana dai mercati e scansata dai commerci”.