Ha ancora davanti agli occhi l’immagine di quel viadotto che 40 minuti dopo il suo passaggio è crollato. La tragedia di Genova lo ha sfiorato, gli è passata accanto, ma il dolore per i 43 morti, centinaia di sfollati e una città ferita resterà vivo nella memoria. Si sente quasi un miracolato Claudio Pozzani, poeta e performer genovese, anima da 24 anni del festival internazionale “Parole Spalancate” di Genova, vetrina privilegiata per l’incontro tra poesia, musica, danza, arti visive.
“Ero in partenza per la Palestina per un incontro poetico quando iniziano a girare le prime voci della disgrazia – ricorda Claudio Pozzani – sono salito su quell’aereo con il cuore in gola, col pensiero della mia città colpita a morte, spezzata in due. E l’idea di allontanarmi per poi ritornare e trovarla diversa da come l’avevo lasciata mi ha scosso nel profondo”. Il poeta in questi giorni è a Cagliari, dove si è appena concluso con successo l’evento speciale della rassegna genovese organizzata dal Circolo dei viaggiatori nel tempo in collaborazione con il Grimorio delle arti. “Sosteniamo per il secondo anno ‘Parole Spalancate’ a Cagliari perché crediamo nell’alto valore della poesia”, spiega l’assessore alla Cultura del capoluogo sardo Paolo Frau.
Sul palco del fascinoso Teatro Civico si sono alternati poeti e performer, musicisti, coreografi. Oltre a Pozzani, Alberto Masala, Rita Pacilio, Sergio Claudio Perroni, Valentina Neri, Valentina Colonna, Patrizia Cirulli, i Marti, Rossana Mele, Andrea Melis, Raoul Moretti, Alessandra Fanti, Piera Masia, Daniele Takeshi Pinna, per citarne alcuni. “Parole Spalancate vuole essere un ponte tra mondi e culture diverse attraverso il linguaggio – sottolinea Pozzani – viviamo in un’epoca in cui gli italiani parlano con una media di 500 parole in tutta la loro vita e quando finiscono le parole è lì che inizia la violenza. La poesia permette di arricchire la lingua ed espandere il pensiero. Tuttavia – denuncia – in Italia non è riconosciuta, è l’unico paese dell’Unione europea che non finanzia la poesia. Se in diversi Stati il poeta è il portavoce del popolo, in Italia dopo 35 anni ancora adesso tanti mi chiedono: ‘ma che mestiere fai?'”.
Ritorna ancora col pensiero alla sua Genova, Pozzani. “Una città che ha nel suo Dna la forza di risollevarsi. Quei due monconi di viadotto sono una ferita aperta – ammette – Anche la poesia può contribuire idealmente alla ricostruzione, con la sua funzione di unire mondi differenti e farli dialogare. Per questo può essere strumento di pace e un ponte tra culture e tra popoli”.