Una micropsia piazzata nell’auto usata dal ‘branco’ – cinque giovanissimi – messa lì a seguito di un’altra indagine.

E’ questa che avrebbe registrato gli ultimi istanti di vita di Manuel Careddu. Tutto scritto nelle 36 pagine dell’ordinanza di fermo che porta la firma del procuratore di Oristano Ezio Domenico Basso e dal pm Andrea Chelo. In tre, il ventenne Christian Fodde con due minorenni – uno il presunto autore materiale del delitto, l’altra, una ragazzina, lo avrebbe organizzato – avrebbero convinto Careddu ad andare in un luogo appartato nei pressi del lago Omodeo per ricevere dei soldi che pretendeva dalla ragazza per alcuni spinelli non ancora pagati.

“Dopo circa 24 minuti di percorrenza dalla stazione di Abbasanta – si legge nel provvedimento della Procura – i soggetti girano nei pressi del lago Omodeo, Fodde scende dal veicolo e chiama un’altra persona, la quale fa scendere Manu (la vittima) dall’autovettura dicendo di andare a prendersi personalmente i soldi”.

La microspia – scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di fermo – capta i dialoghi, ma soprattutto i rumori di attrezzi metallici, quelli che presumibilmente sarebbero stati usati per uccidere e fare a pezzi Manuel Careddu. Ma soprattutto registra gli animi concitati del gruppo. Dopo l’omicidio, Christian Fodde e i due minori si dirigono al lago Omodeo. “Ciò il suo telefonino – dice Fodde – gli faccio sparire tutto, non posso tenerlo in tasca”. “Li buttiamo all’acqua”, risponde il 17enne. E il maggiorenne: “Non so dove l’ha, dov’è la Sim”. A bordo dell’autovettura che parte dal lago Omodeo – scrivono gli inquirenti – non vi è più la presenza di Manu (Manuel Careddu). Alla fine della conversazione Christian Fodde intima al gruppetto di tenere la bocca cucita: “Oh, non si parla di un caz…e di niente… niente… solo io”.