Il futuro della Sardegna e dei sardi passa dall’Europa. Non si può infatti pensare che una terra dalla forte identità, fulcro di scambi e sintesi etnico-culturali dati dalla sua posizione al centro del Mediterraneo, possa ambire a rinchiudersi tra i suoi confini naturali. Ecco perché anche la Sardegna, come l’Italia tutta, proprio per la storia che la caratterizza, deve rivendicare con forza il ruolo che le spetta all’interno dell’Unione Europea, di un Europa che, come prospettiamo noi, deve procedere verso una sua forma di governo in senso federale, dove anche le forti autonomie potranno giocare un ruolo da protagonista.
Una Sardegna che gioca il suo ruolo in Europa sfruttando anzitutto la sua posizione geografica, il suo essere “terra di mezzo” tra mondi e culture, che possa magari vedersi assegnato il ruolo di terra di dialogo, punto nevralgico delle relazioni tra Europa e sponda sud del Mediterraneo, determinando così investimenti e crescita in capitale umano, lasciando al ricordo di un ancora troppo recente passato la poco lungimirante vocazione verso l’industria pesante, un ossimoro se accostata al paesaggio unico di questo micro continente. Investire dunque in istruzione, formazione, università, cultura, ricettività, fornendo ai giovani sardi, a quella generazione che oggi, terminato il ciclo di studi, decide di emigrare non solo per mancanza di opportunità lavorative, ma anche per esigenza di misurarsi con realtà più composite, più stimolanti, più accessibili, più europee. Ecco perché la Sardegna non deve e non può essere consegnata alla retorica sfascista del sovranismo nazionalista che la veda isolata, da sola in mezzo al mare o dentro un’Italia sempre più ai margini che, fuori dal disegno europeo, vedrebbe ridursi ai minimi termini la sua capacità competitiva.
Quindi una Sardegna forte della sua identità e della sua autonomia rafforzate da riforme e interventi significativi in campo culturale ed economico: dal riconoscimento della insularità e della minoranza linguistica a una seria continuità territoriale che non può essere ancora vista come la sola possibilità data a un sardo emigrato di tornare per le feste, ma la possibilità e il diritto di chiunque si trovi su territorio europeo di poter transitare da e per la Sardegna in condizioni di parità e in regime di concorrenza tra vettori; dall’attuazione delle normative già vigenti in tema di punti franchi e ZES, per rendere le imprese sarde competitive sul mercato, a un potenziamento delle università, rendendo questa regione un polo internazionale della Ricerca, fino ad arrivare a una rivisitazione complessiva del concetto di turismo che non può più essere pensato come settore slegato dallo sviluppo urbanistico e non può non tenere conto di quello che sarà il tessuto economico dei prossimi decenni. Tutto questo può essere realizzato all’interno di un disegno complessivo che veda una Sardegna europea contribuire al progetti europei e far ricorso ai di fondi messi a disposizione dall’Unione Europea.
Non solo, anziché chiudersi, la Sardegna, in ambito europeo, dovrà proporsi come capofila di un progetto che coinvolga grandi isole del mediterraneo e riguardi l’economia, la logistica, il turismo, le migrazioni, la pesca, la difesa e il raccordo con l’Africa.
Ecco perché oggi più che mai dobbiamo riscoprire, attualizzandolo, l’originario spirito europeista, quello che ha regalato a quattro generazioni di europei il più lungo periodo di pace nella storia del vecchio continente; quello che ha permesso agli Stati con una legislazione più avanzata in tema di diritti civili, ricerca e ambiente di contaminare positivamente le legislazioni degli altri Paesi; lo spirito europeista della generazione Erasmus; il pensiero europeista di Spinelli, Einaudi e De Gasperi.
Ecco perché +Europa, progetto nato dalla convergenza di Radicali Italiani, Centro Democratico e Forza Europa, si apre opra a tutte quelle persone che in un momento come questo considerano bene primario la salvaguardia del progetto europeo. Un appello anche alle forze locali che, caratterizzate da un forte spirito autonomista, vogliono una Sardegna a testa alta in una Europa federale.
Siamo consapevoli che le prossime elezioni europee rappresentano il punto di non ritorno, il momento in cui i cittadini europei decideranno da che parte stare: se tornare a rinchiudersi dentro i vari staterelli, ognuno con il proprio esercito alla frontiera e satellite di Putin o Trump, oppure puntare sul completamento del sogno europeo, continuando o iniziando finalmente a sentirsi parte di una comunità di cinquecento milioni di persone e del mercato più ricco del Mondo.
Sappiamo bene però che prima delle elezioni europee i sardi saranno chiamati a eleggere Presidente e Consiglio Regionale: su questo ci sarà un confronto aperto, sia all’interno di +Europa sia esterno, su progetti, soggetti e programmi compatibili con i nostri valori di riferimento e con lo spirito che anima le democrazie liberali, che rivendicano l’appartenenza alla Ue e la vogliono più unita e forte.
Benedetto Della Vedova (Coordinatore Nazionale +Europa)
Riccardo Lo Monaco (Coordinatore +Europa Cagliari)







