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Il decreto del ministero dell’Ambiente sulla chiusura delle centrali termoelettriche a carbone entro il 2025 avrà ricadute negative in Sardegna. Adesso la questione approda in Consiglio regionale.

Con una mozione che porta la prima firma di Cesare Moriconi, i consiglieri del Pd hanno chiesto la convocazione urgente dell’Assemblea – estesa anche ai parlamentari sardi e ai sindaci delle aree interessate – proprio per esaminare gli effetti del provvedimento del governo sul comparto socio economico dell’Isola e valutare le iniziative da intraprendere. A maggior ragione perché, spiega Moriconi, “in Sardegna non c’è alcuna possibilità di convertire le centrali a carbone in centrali a metano”.

“In buona sostanza – ribadisce – il decreto determina la chiusura della centrale Enel di Portovesme su cui è ancorata la rimodulazione del contratto di programma e sviluppo stipulato al Mise, vitale per il rilancio della produzione degli impianti di Eurallumina e a cui sono collegate anche le sorti di Sider Alloys (ex Alcoa)”.

L’applicazione del decreto, dunque, “avrà conseguenze devastanti sul Sulcis – denuncia l’esponente dem – uno dei territori più poveri d’Italia e su tutto il territorio regionale, anche a causa della chiusura della centrale di Fiumesanto, creando una desertificazione economica e una crisi occupazione senza precedenti, con effetti destinati a creare seri turbamenti in termini sociali e di ordine pubblico in tutta l’Isola”. La mozione chiede l’impegno della Giunta a intervenire ai massimi livelli istituzionali “al fine di istituire un tavolo di confronto con il Governo nazionale per adottare le iniziative utili a scongiurare la cessazione delle centrali di Fiume Santo e Portovesme”.

Il governatore Francesco Pigliaru ha giù scritto nei giorni scorsi al premier Giuseppe Conte proprio per far presente che “cancellare il carbone senza chiarire con cosa e come sostituirlo rischia di far chiudere le fabbriche più grandi, ma anche le piccole e medie imprese, con la perdita di migliaia di posti di lavoro”.