Quelli di oggi in Sardegna sono soltanto gli ultimi episodi di una lotta che dura da anni. Le proteste hanno spesso preso di mira il palazzo della Regione, a Cagliari. In un’occasione era scoppiata anche una guerriglia tra manifestanti e forze dell’ordine con feriti e arresti. Una vertenza che riguardava, però, non solo il prezzo del latte ma anche gli aiuti economici alle campagne e agli allevamenti in ginocchio per Lingua blu, siccità o piogge. Ora la protesta è riesplosa, a due settimane dalle elezioni regionali, per contestare il prezzo, 60 centesimi, pagato dagli industriali.

“La situazione proposta finora – ha tuonato la Coldiretti nei giorni scorsi – è insostenibile e rappresenta una situazione di cartello”. L’accusa degli allevatori: “Il costo di vendita – dicono – non copre le spese di produzione”. Risultato: aziende alla fame con almeno 12mila allevamenti di pecore a rischio. E tante azioni dimostrative per chiedere che il latte salga di prezzo, almeno ad un euro più Iva. Le trattative tra associazioni (in rappresentanza del mondo delle campagne) e industriali, promosse dalla Regione, sono riprese giovedì scorso con un lungo incontro a Cagliari. Che, però, nonostante qualche apertura non ha portato alla definizione di un prezzo minimo. La riunione è stata rinviata a mercoledì prossimo. Nel frattempo la Coldiretti – che proprio oggi ha annunciato che non parteciperà più al tavolo – ha messo in moto i suoi legali.

“Ci rifaremo all’art. 62 della legge 1 del 2012 in cui sono previste sanzioni oltre i 3 milioni – spiega il presidente regionale Battista Cualbu – il comma 2 vieta qualsiasi comportamento del contraente che, abusando della propria maggior forza commerciale, imponga condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, ivi comprese, ad esempio, qualsiasi patto che preveda prezzi particolarmente iniqui o palesemente al di sotto dei costi di produzione”.