Negli ultimi quattro anni il prezzo del grano ha imboccato una lunga discesa costringendo i cerealicoltori a produrre in perdita. Dai 30 euro del 2014 ha cominciato a calare: 27 euro l’anno successivo per poi crollare a 21 nel 2016 (0,21 centesimi al kg): l’anno scorso è stato pagato tra i 21 e i 18 euro. Produrre un quintale di grano costa 24 euro (24 centesimi al kg). Insomma se dal 2015 ai cerealicoltori per pagarsi un caffè gli servivano 5 chilogrammi di grano, adesso ne dovranno aggiungerne altri 2 ed arrivare a 7 kg.

I dati sono stati forniti dalla Coldiretti, durante la presentazione dell’accordo di filiera sul marchio per il pane Civraxu di Sanluri. Negli ultimi 20 anni la cerealicoltura sarda ha perso i due terzi dei produttori e della superficie coltivata. Da una indagine di Laore risulta che nel quindicennio che va dal 2000 al 2015 i contadini che coltivavano grano si sono dimezzati: sono passati da 12.395 nel 2000 a 6.190 nel 2015, con un -50,1%, mentre negli ultimi 3 anni ne abbiamo perso un ulteriore 10 – 12%. La Sardegna, tra la fine dell’800 e inizi del ‘900, era la seconda regione dopo la Sicilia in cui si coltivava più frumento duro in Italia: 158.000 ettari su 1,29 milioni totali (dato Laore). Dai dati del 2016 è scesa al decimo posto con soli 36.399 ettari su un totale nazionale pressoché simile (1,3 milioni).

Ma è un dato in continuo aggiornamento in perdita per l’isola. L’anno successivo, il 2017, infatti, gli ettari coltivati sono 30.584, con una perdita di ulteriori 5.815 ettari. In 12 anni, dal 2004 al 2015 la Sardegna ha perso il 60% (58.129) della superficie coltivata a grano duro, passando da 96.710 ettari a 38.581 del 2015. Nei due anni successivi (2017) ne ha perso ancora 8 mila (7.997 precisamente) arrivando a 30.584 ettari. “Questo ci fa capire ancora meglio il valore di questo progetto – continua il presidente di Coldiretti Cagliari Giorgio Demurtas -, la capacità di aggregare, di avere un marchio che ti identifica e distingue il prodotto, che tutela sia chi lo produce che chi lo consuma. E la possibilità di accorciare la filiera lungo la quale spesso si annidano degli speculatori sia su chi lo produce che si chi lo consuma”.