E’ tutto pronto per l’attivazione anche in Sardegna delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, ovvero squadre di medici e infermieri che dovranno garantire interventi rapidi e mirati a domicilio. In vista del passaggio alla Fase 2, e quindi del riavvio di alcune attività produttive, si tratta di una strada fondamentale per bloccare la diffusione del contagio da Covid-19 senza dover ricorrere ai ricoveri negli ospedali.

“Il bando per la chiamata dei medici è stato rifatto e ora è pubblicato nel sito dell’Ats – spiega all’ANSA l’assessore della Sanità Mario Nieddu – appena i medici risponderanno si parte”. In tutto, conferma il commissario straordinario dell’Ats Giorgio Steri, “sono già 150 le domande pervenute”. Possono fare richiesta medici con incarico provvisorio o di sostituzione di continuità assistenziale, medici che hanno completato o che frequentano il corso di formazione in Medicina generale, laureati in medicina e chirurgia abilitati ed iscritti all’ordine, medici specialisti ambulatoriali interni (in particolare specialisti in pneumologia o geriatria).

Le Unità, si legge nell’avviso, saranno attive sette giorni su sette dalle 8 alle 20 nelle Assl di Sassari, Olbia, Nuoro, Lanusei, Oristano, Sanluri, Carbonia e Cagliari. Ogni sede avrà quattro unità, in totale quindi in Sardegna saranno 32, e la retribuzione fissatà per gli operatori sanitari è di 40 euro l’ora. In ogni caso, in relazione all’andamento della diffusione del virus, l’Ats si riserva di incrementare e modificare le sedi di attività. La durata degli incarichi è limitata alla durata dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19. I medici Usca saranno dotati di ricettario del sistema sanitario nazionale e di idonei dispositivi di protezione individuali.

Anche i sindacati gioiscono per il bando delle Usca. Ma, spiegano, dovranno essere rispettate due condizioni: che si parta in fretta e che si indossino i migliori e più completi dispositivi di protezione individuale. Magari anche con una copertura assicurativa adeguata al rischio. È in sintesi la proposta del sindacato Snami sull’entrata in azione dei team che bussano alla porta di casa. “Abbiamo partecipato a delle video conferenze – spiega all’ANSA Edoardo De Pau, medico e rappresentante dello Snami – ci sono da definire dei dettagli, ma speriamo che siano operative al più presto perché solo così possono essere efficaci”.

Per le attrezzature? “I medici – spiega – stanno pagando un prezzo altissimo, e stiamo parlando di vite umane, in questa battaglia. Diamo per scontato che le Usca abbiano a disposizione le migliori protezioni possibili. E non sarebbe male anche approfondire, fermo restando che bisogna fare in fretta, anche l’aspetto assicurativo”.

“Non bisogna perdere altro tempo – spiega all’ANSA il presidente regionale della sigla Fimmg ggm, Umberto Nevisco – So che i distretti si stanno organizzando. Finora c’è stata una consultazione con i sindacati: ora attendiamo la decisione dell’assessore. Naturalmente noi abbiamo sottolineato l’importanza della tutela dei colleghi. E stiamo parlando non solo dei Dpi, ma anche della necessità che le Usca abbiano sedi diverse dalle guardie mediche per evitare possibilità di contagio “.

“Siamo di fronte a un nuovo fenomeno – spiega Nevisco – e non tutti i colleghi sono coperti”.