Il disegno di legge sul Piano casa non soddisfa le esigenze dei Comuni. “La nuova norma – è l’obiezione più rilevante al provvedimento della Giunta Solinas contenuta nel parere (non vincolante) del Consiglio delle Autonomie locali – disciplina la gestione del territorio come se la Sardegna fosse un unico e omogeneo territorio indistintamente diviso in due categorie, entro i 300 metri e oltre i 300 metri dalla costa”. Il documento è stato approvato venerdì 11 dicembre dal Cal e trasmesso oggi, nell’ultimo giorno utile, alla commissione Urbanistica del Consiglio regionale che si riunirà alle 16 per il voto definitivo al ddl 108.
Tra dieci giorni, quindi il 23 dicembre, approderà in Aula il testo che prevede la proroga del Piano casa in scadenza il 31 dicembre, fissando la prossima al 31-12-2023, e la possibilità di apportare incrementi volumetrici in case e alberghi anche nella fascia protetta dei 300 metri, purché costruiti prima del 1989. La norma, è scritto nel parere, prescinde “dalle reali e specifiche situazioni che da un Comune all’altro peculiarizzano e differenziano il territorio sardo e che conseguentemente avrebbero invece necessità di un differente distinto approccio alla disciplina del territorio”. Infatti, “la Sardegna non è solo costa, ma anche e soprattutto territorio interno che ha esigenze e problematiche spesso opposte a quelle degli ambiti costieri”. Ma gli stessi territori costieri hanno “condizioni di crescita molto diverse di cui anche questa proposta di legge dovrebbe tenere conto”.
Esemplare, secondo i sindaci, il confronto fra il settore ricettivo delle aree del Sulcis e del medio Campidano rispetto ai territori del Nord Sardegna: “Nel primo caso si potrebbe con buona ragione avere necessità di colmare la carenza di strutture ricettive, essendone il Sulcis praticamente privo, nel secondo caso c’è meno bisogno di incrementare volumetrie e piuttosto di qualificare le strutture esistenti”. In conclusione, “la proroga del Piano casa è un provvedimento indispensabile, ma ancora lontano dalla terapia necessaria che richiede la costruzione di un impianto legislativo capace di trasformarsi in motore di sviluppo e di curare le endemiche carenze strutturali”. Lontano cioè da “una riforma globale, uno strumento laico che imponga principi di conservazione e di ecosostenibilità, di sviluppo e di evoluzione della futura identità regionale mantenendo l’equilibrio fra la resilienza del proprio essere e la proiezione verso il futuro”.