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La Sardegna intera Zona Franca. Questa è la volontà della Regione, messa nero su bianco in una recente delibera approvata dalla Giunta regionale. Ma rischia di rimanere un sogno. Perché al momento c’è solo la richiesta formale di Cappellacci all’Unione europea e i tempi delle procedure sono lunghissimi. Solo l’avvio del progetto a Cagliari potrebbe favorire gli altri porti sardi realtà, dando vita a percorsi di “ampliamento” dello scalo di Macchiareddu.

E’ Massimo Deiana, ordinario di Diritto della navigazione nell’Ateneo cittadino, ascoltato qualche mese fa alla camera di Commercio a spiegarlo. La recente delibera della Giunta regionale sulla creazione di una Zona Franca sull’intero territorio isolano, pur suggestiva, si presente come di dubbia efficacia pratica. Il provvedimento, infatti, si configura come semplice conferimento al Presidente della Regione del mandato di presentare, all’Unione Europea, una formale richiesta di modifica del regolamento comunitario, per estendere all’intera Sardegna (e alle sue isole minori) il regime di Zona Franca. Ma si tratta soltanto di una semplice richiesta. Nulla più. E, vista la procedura per il riconoscimento di agevolazioni di qualunque natura agli stati membri, il progetto avrà un iter burocratico disagevole, lungo e tutt’altro che scontato.

Oggi in Sardegna ci sono 6 porti individuati come potenziali Zone Franche doganali: Oristano, Olbia, Portovesme, Porto Torres, Arbatax e Cagliari. Ma solo quest’ultimo è l’unico regolarmente perimetrato (giugno 2001). E questo mette il capoluogo regionale in posizione di vantaggio rispetto a tutti gli altri. Non solo. La Zona Franca di Cagliari non dovrebbe subire conseguenze dall’entrata in vigore del nuovo Codice Doganale Comunitario (24 giugno 2013) perché l’iter di legge per la sua costituzione è stato già completato. Il regime doganale potrebbe essere attivato anche su una porzione ridotta di territorio, purché interna al perimetro individuato nel Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2001, senza pregiudicare in alcun modo il diritto acquisito. Invece, per gli altri porti della Sardegna, i tempi di attivazione delle procedure sono necessariamente più lunghi (il percorso è stato appena iniziato a livello “mediatico”) e difficilmente superabili entro la data dell’entrata in vigore del nuovo codice doganale comunitario (giugno 2013).

E così, solo l’avvio della Zona Franca di Cagliari in via definitiva potrebbe favorire anche queste realtà potendo definire, qualora sorgessero problemi a livello europeo, dei percorsi congiunti di “ampliamento “ di una Zona Franca già attivata (e non revocabile) su tali aree con evidenti benefici per tutta la regione.

E per dare operatività, secondo i tecnici, a Cagliari occorrerebbe completare il processo realizzando la recinzione delle aree interessate (peraltro, se si ipotizzasse di non iniziare con l'intera area, si potrebbe sfruttare la recinzione già realizzata dalla Cict, la società che gestisce lo scalo di Macchiareddu, e realizzare solamente i tratti necessari per la creazione di un’area chiusa) e concordando con le Dogane la presa in carico delle suddette ai fini della vigilanza di competenza.