Nulla di fatto sulla sospensiva, il Tar della Sardegna deciderà direttamente nel merito. Questa la decisione sul ricorso presentato dalla Saras contro la bocciatura da parte del Savi della Regione sul Progetto Eleonora per la trivellazione di un pozzo esplorativo per la ricerca del gas metano nel sottosuolo di Arborea.
Davanti al collegio presieduto da Marco Lensi (a latere il relatore Antonio Plaisant e Giorgio Manca), questa mattina la Saras si è presentata con gli avvocati Antonella Capria, Massimo Lai e Teodora Marocco, mentre la Regione era costituita con Alessandra Putzu e Alessandra Camba.
La società della famiglia Moratti ha presentato anche un'istanza cautelare risarcitoria, ma al momento non risulta quantificata.
Nei mesi scorsi vi erano state numerose proteste da parte del Comitato no al progetto Eleonora e lo stesso Comune di Arborea si è costituito davanti al Tar con il legale Mauro Barberio.
Superata oggi la fase cautelare senza una vera e propria decisione, il Tar andrà ora direttamente al merito ma la data dell'udienza sarà fissata entro qualche mese.
Saras. "Se la richiesta di esplorazione dovesse superare la dichiarazione di improcedibilità, e concludersi con una positiva valutazione, sarebbe avviato solo il cantiere per l'attività di ricerca, della durata prevista di sei mesi. In caso di conferma della presenza di gas metano, sarà la Regione Sardegna, quale unica proprietaria della risorsa, a decidere come procedere". Lo precisa, in una nota, la Saras in merito al ricorso al Tar contro la 'bocciatura' del Savi del cosiddetto Progetto Eleonora.
"A quel punto – spiega la Saras – il privato potrebbe chiedere una concessione e presentare una nuova richiesta di Valutazione d'impatto ambientale, allegando un secondo studio sui possibili scenari di coltivazione. Va da sé che, al termine di quella seconda procedura di controllo, l'eventuale sfruttamento avverrebbe solo con modalità che la Regione Sardegna avrà valutato come compatibili con l'ambiente. A fronte di tale coltivazione, alla Ras rientrerebbero royalties e tasse per un totale di 540 milioni di euro, in caso di sfruttamento totale del giacimento".
"Il ricorso al Tar è un atto dovuto da parte del Gruppo, presente in Sardegna da oltre 50 anni, a tutela dei suoi azionisti, dei dipendenti e della continuità aziendale. Nel progetto di ricerca del gas metano, risorsa di cui i sardi non dispongono e sulla quale è in corso un acceso dibattito, la Saras ha impiegato fondi e competenze, anche al fine di assicurare la migliore compatibilità ambientale".
"Per aiutare i magistrati a valutare compiutamente la rilevanza industriale del progetto e fornire, altresì, un'indicazione delle risorse economiche ad oggi impiegate – si legge nella nota della Saras – nei giorni scorsi i legali del gruppo Saras hanno depositato uno schema riassuntivo dei costi sostenuti in studi, sondaggi e analisi finalizzati a calcolare con esattezza l'impatto sul territorio di un pozzo esplorativo.
Investimenti che – ad una prima, parziale, stima – ammontano a 7,2 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti i canoni annuali.
La società proprietaria degli impianti di Sarroch sollecita i giudici al ristoro del diritto derivante dal permesso di ricerca rilasciato dalla Regione Sardegna nel 2009. Il Savi non ha completato l'iter a causa di una presunta incompatibilità paesaggistica rilevata dal Servizio Tutela del Paesaggio di Oristano e Medio Campidano che l'azienda ritiene non sussistente o, comunque, non ostativa di un'opera temporanea, qual è un pozzo finalizzato all'esplorazione del bacino, non all'estrazione di metano".