"Stagione ancora da programmare. Ma io rimango me stesso: mi fanno piacere le partecipazioni a programmi tv, i complimenti del presidente del consiglio Renzi. Ma per me l'unica strada che conosco è il lavoro, arrivare al traguardo con la consapevolezza di aver dato il massimo". Parola di Fabio Aru, primo alla Vuelta e secondo al Giro, nel giorno del ritorno a casa, nella sua Villacidro per la festa di domani tutta dedicata al campione, la PedalAru, una passeggiata in bici che coinvolgerà simbolicamente tutta la Sardegna. Alla conferenza stampa di questo pomeriggio è arrivato – manco a dirlo – in bici. Il mito? "Contador – risponde convinto – quando ho gareggiato con lui nel 2013 avevo paura di corrergli vicino, di sfiorarlo". L'azzurro alle Olimpiadi? "Cercherò di farmi trovare pronto – spiega – ma se non dovessi essere tra i prescelti non c'è problema. Per gli ultimi mondiali la situazione era chiara: ero reduce dalla Vuelta e il tracciato non era adatto alle mie caratteristiche". Come dire, nessuna polemica per l'esclusione. Tanti i supporter, anche fuori dall'Italia. "Riceviamo richieste e informazioni davvero da ogni parte del mondo", conferma Giorgio Carta, presidente del fan club. Cuore, però, sempre in Sardegna. "Sono molto legato alla mia terra – confessa Aru – e alla mia regione e per questo ho portato la bandiera sarda sul podio. Un modo anche per dare un input alla regione per aiutare i giovani sportivi a crescere. Io sono stato aiutato prima dalla mia famiglia poi dalla Palazzago e dalla Astana. Certo, mi piacerebbe che si portasse in Sardegna il Giro d'Italia, sarebbe un bel segnale". Quattro mori sempre con sè, anche nel caschetto. Una carriera da incorniciare, ma ad Aru piace ricordare gli inizi non proprio gloriosi. "Mi ricordo una gara nel 2005 a Monti Mannu – racconta – arrivai accompagnato da mio padre quando ancora non c'era quasi nessuno. E al traguardo arrivai a due ore forse di distanza dal primo. Mi ricordo un'altra gara in mountain bike con quattro o cinque cadute". Con lui a Villacidro anche il team manager dell'Astana Giuseppe Martinelli. "È un testone e quello che vuole fare poi riesce a farlo", dice il numero uno della squadra. Accanto il compagno Paolo Tiralongo, classe 1977: anche da lui parole d'affetto per il giovane Fabio. Aru ha tirato fuori altri ricordi del suo passato. "All'inizio è stata dura – ammette – Non mi vergogno a dirlo, qualche volta ho pianto. Dovrò migliorare in tante cose – promette coccolato dallo sguardo di Martinelli – cercherò di fare passi avanti nella cronometro, ma cercherò di curare meglio tutti i dettagli a partire dall'alimentazione". Immancabile l'invito per la ciclo pedalata di domani. "Non correte troppo altrimenti mi stanco", scherza allargando un sorriso.
Aru, l’abbraccio della Sardegna: “Ce l’ho nel cuore”







