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Messi in fila nudi davanti alle docce come nei lager, insultati, umiliati e picchiati, costretti a subire le angherie da parte di chi doveva prendersi cura di loro. Tremavano e si agitavano quando vedevano gli operatori socio sanitari alcuni dei 36 pazienti, tutti affetti da gravi problemi psichici, ospiti del centro Aias di Decimomannu, nel cagliaritano, finito oggi al centro di una bufera giudiziaria culminata con 14 ordinanze di sospensione dai pubblici uffici per sei mesi.

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Tra gli indagati per percosse, lesioni personali, maltrattamenti ma anche per omissione di atti d'ufficio, oltre a dieci operatori sanitari, un infermiere professionale e una educatrice, c'è anche il direttore amministrativo dell'Aias, Vittorio Randazzo, ex consigliere regionale dell'Udc coinvolto nell'inchiesta sull'uso illecito dei fondi ai gruppi del Consiglio regionale della Sardegna, e la responsabile della struttura Sandra Murgia. Le indagini, condotte dai carabinieri del Nas e dai colleghi del Nucleo di polizia giudiziaria della Procura, guidati rispettivamente dal maggiore Davide Colajanni e dal colonnello Gavino Asquer, sono partite nel 2014 a seguito di un esposto di una operatrice del centro privato convenzionato con la Regione Sardegna, in cui venivano raccontati i maltrattamenti a cui erano sottoposti gli ospiti del reparto "psichiatria e riabilitazione" da parte degli operatori.
I militari hanno piazzato nei locali numerose telecamere, scoprendo quanto accadeva in quel reparto definito dagli stessi investigatori come un vero e proprio lager: pazienti con problemi psichici obbligati a rimanere nudi davanti alle docce in attesa di essere lavati, altre volte lasciati in fila ancora bagnati prima di essere asciugati con un unico telo o con degli stracci. Insultati pesantemente e talvolta picchiati o lasciati a terra dopo una caduta dalle sedia a rotelle. Degenti costretti a vivere in precarie condizioni igienico sanitarie, con materassini da palestra al posto di quelli veri solo perché erano incontinenti.
Inizialmente nel registro degli indagati sono finiti i nomi di tre operatori, subito sospesi, ma la lista si è velocemente allungata anche al responsabile della struttura e al direttore amministrativo dell'Aias che, secondo quanto accertato dagli inquirenti, sapevano cosa accadeva ma non hanno fatto nulla. O hanno agito per proteggersi. Come nel caso dell'operatrice autrice dell'esposta, che è stata prima trasferita e poi mai più richiamata al lavoro. Proprio per mettere fine ai soprusi il Gip di Cagliari Giampaolo Casula, su richiesta del pm Liliana Ledda, ha fatto scattare i 14 provvedimenti di sospensione, anche se il pubblico ministero aveva chiesto gli arresti domiciliari.
Immeditata la presa di posizione del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. "Nessuna tolleranza verso gli operatori di strutture socio assistenziali che maltrattano anziani, disabili e malati", ha detto. Garantisce fermezza e più controlli l'assessore regionale alla Sanità Luigi Arru. "Quanto accaduto è gravissimo, faremo in modo di verificare che gli obblighi contrattuali previsti per l'accreditamento delle strutture vengano rispettati – ha ribadito – Il nostro compito sarà quello di rinforzare le misure di controllo periodiche.
Chiederemo anche l'aiuto delle associazioni dei cittadini".
Promette battaglia, infine, Cittadinanzattiva Sardegna, pronta a costituirsi parte civile nel processo.